sabato 11 dicembre 2010

DAL DIARIO 24.3.1987

Vengo a galla, al mattino,
uscendo dai sogni: proprio come un angelo felice!

Brilla l'anima, artde di brace il corpo.

La sera mi corico: un autentico maiale

E nel frattempo cosa HO FATTO?

Sono stato in compagnia degli uomini,
a rimestare4 la loro merda.

ABDULAH SIDRAN, TR. SILVIO FERRARI

venerdì 10 dicembre 2010

LA RISPOSTA

Calpestata dalla vita
ho riposato con poesie
finché, placata,
proseguì
lasciandomi
in un silenzio di morte
con poche parole
secondo cose da troppo tempo
taciute-

ERIKA BURKART, TR. ANNALISA ZWEIFEL AZZONE

giovedì 9 dicembre 2010

AGLI AMICI

Esperti degli spazi
dalla terra alle stelle
ci perdiamo nello spazio
dalla terra alla testa.

Distese interplanetarie
dal dolore alla lacrima.
Sulla via dal falso alla verità
smetti di essere giovane.

Ci fanno ridere i jet
quella crepa nel silenzio
tra il volo e il suolo
- come record mondiale.

Ci furono decolli più veloci.
La loro eco ritardata
ci strappa dal sonno
solo dopo anni.

Risuona il grido:
Siamo innocenti!
Chi è grida? Corriamo
spalanchiamo lle finestre

La voce si spezza d'un tratto.
Fuori dalal finestra cadono
le stelle come dopo una salva
l'intonaco cade dal muro.

WISLAWA SZYMBORSKA, TR. PIETRO MARCHESANI

mercoledì 8 dicembre 2010

SCIATTONA

Mi lascio in gioro, da sciattona,
pezzi di me, momenti che ho amato:
li lascio lì dove
cadono, si stropiccino, se vogliono.
So come farli camminare
e respirare di nuovo. A volte di notte,
o in treno, ogno di ballare,
o di essere tra le braccia di qualcuno che dice,
in francese, di amare i miei occhi, e
ancora una volta cammino per la tua strada,
quella prima volta, chiamata e desiderata,
gli alberi in fiore, leggeri,
leggeri e festosi. Rimettiti
in sesto, dicono, giustamente,
ma è testarda, la ragazza,
quell'ottimista, che continua a camminare.

KATE CLANCHY, TR. GIORGIA SENSI

martedì 7 dicembre 2010

Sul punto di lasciarti con un "ciao", la voce
mi si blocca sul labbro, torno indietro,
resto ancora con te.. Mi fa male il distacco,
mi mette paura come l'odiosa notte di Acheronte.
Invece, tu risplendi di luce, non muta come quella
del giorno, ma parlante ed armoniosa più
di un canto di Sirene. A questa tua
voce, ha appeso ogni speranza la mia anima.

PAOLO SILENZIARIO, TR. C. A. SITTA

lunedì 6 dicembre 2010

Ho soltanto un sorriso.
Ciosì. Un moto appena visibile di labbra.
E per te lo conservo:
Ché è un dono dell'amore.

Non m'importa se sei sfrontato e cattivo,ù
Non m'importa se ami le altre.
Ho davanti un leggio d'oro
E un fidanzato con gli occhi grigi per me.

ANNA ACHMATOVA, TR. BRUNO CARNEVALI

domenica 5 dicembre 2010

COLLOQUIO

Ti ricordi, mio piccolo amore,
(un giorno avevo pensato
di chiamarti Tristano:
così triste la tua anima remota.
Ma poi quella maiuscola iniziale
mi parve troppo pesante
per la mia tenerezza
ed ora tento quest'altro nome,
più dimesso, più lieve:
piccolo amore)(
di', ti rammenti,
mio piccolo amore,
l'ultimo tramonto dell'inverno,
l'ultimo nostro colloquio
sul sedile di pietra rosa
di fronte ai muri rossi del Castello?
Quanti colombi! E tu mi sussurravi
che le ali loro grigioazzurre
assomigliavano ai miei occhi
un poco.
Sul fondo erboso del fossato
le margheritine
trattenevano l'ultima
chiarità stanca ddel sole.
E tu volevi
coglierle tutte per me,
con le gtue dita d'uomo
incerte tra gli steli
come dita di bimbo:
e m'empivi d'erba e di corolle le mani,
dicendomi che l'anima mia di fiore
era fiorita
per tutti i prati
di tutti i paesi,
dicendomi che trutta l'anima
della primavera non giunta
tremava nel mio respiro.
Piccolo amore, piccolo amore ti rammenti?
Guardavano le grandi nuvole accese
scivolare mute
dietro i rami nudi degli ippocastani.
Dicevamo: domani sarà vento.
Tu mi narravi, sommessamente,
in tono di lunga fiaba,
dell'ultima tua notte
passata nella casa della sorella,
in riva al lago.
"Mi destai. C'era tanto dsilenzio.
I bambini dormivano
nella stanza vicina.
Ed io prensavo, pensavo: mi dicevo
che accanto a te soono un bambino anch'io,
un bocciolo profumato di te".
Piccolo amore, piccolo amore, tiu rammenti
Moriva il bruciore del sole
di là dagli alberi
in un grande arco d'oro,
in un grande arco bianco
sul nostro capo.
E impallidiva la mia tristezza,
si spegneva il tuo affanno
nella semplicità
delle parole candide.
Tutto che fu menzogna,
tutto che fu dubbio e dolore
si sfaceva
e rimaneva solo
alla più pura anima
un tremore di piccole cose:
ali d'uccello, sentore di vento,
nomi di fiori, sonno di bambini...
Così come dilegua,
al calar dell'ombra,
l'ingannevole luce del giorno
e lo splendore del cielo
si acuisce
in un tremore di piccole cose
che si chiamano stelle.

Pasturo, 2 aprile 1931

ANTONIA POZZI