sabato 28 maggio 2011

L'ACQUA

Sulla mano m'è caduta una goccia di pioggia,
attinta dal Gange e dal Nilo,

dalla brina ascesa in cielo sui baffi d'una foca,
dalle brocche rotte nelle città di Ys e Tiro.

Sul mio dito indice
il mar Caspio è un mare aperto,

e il Pacifico affluisce docile nella Rudawa,
la stessa che svolazzava come nuvoletta su Parigi

nell'anno settecentosessantaquattro
il sette maggio alle tre del mattino.

non bastano le bocche per pronunciare
tutti i tuoi fuggevoli nomi, acqua.

Dovrei darti un nome in tutte le lingue
pronunciando tutte le vocali insielme

e al tempo stesso tacere - per il lago
che non è riuscito ad avere un nome

e non esiste in terra - come in cielo
non esiste la terra che si rifletta in esso.

Qualcuno annegava, qualcuno ti invocava morendo.
E' accaduto tanto tempo fa, ed è accaduto ieri.

Spegnevi case in fimme, trascinavi via case
come alberi, foreste come città.

Eri in battisteri e in vsche di cortigiane.
Nei baci, nei sudari.

A scavar pietre, a nutrire arcobaleni.
Nel sudore e nella rugiada di piramidi e lillà.

Quanto è leggero tutto ciò in una goccia di pioggia.
Con che delicatezza il mondo mi tocca.

Qualunque cosa ogniqualvolta ovunque sia accaduta,
è critta sull'acqua di babele.

WISLAWA SZYMBORSKA, TR.PIETRO MARCHESANI

venerdì 27 maggio 2011

"O goccia d'acqua appesa allo sportello,
nel guardarti, poco fa, da vicino,
ho visto rovesciato questo e quello,

l'azzurro sotto, e il palazzo giallino,
il cielo che slungava nell'occhiello
con la città specchiata in un mattino..."

"Goccia notturna, umore cittadino
di quella umidità che cidà ostello,
qualcosa sposa in noi il tuo declino!..."

"Sul becco del tuo vetro, vedi quello
che parla nel silenzio del destino,
la parte nel tutto, e il doppio fratello..."

"Scivola via, ogni furia ignora il dio..."
"S'assorbe nella gronda, fissa il bello..."
"In pieno stupore, ogni cuore è il tuo io!..."

"Il mondo è in una goccia, allo sportello!..."

GIANNI D'ELIA

giovedì 26 maggio 2011

ERA VENUTO IL MONDO

Era venuto il mondo
Al suo giorno funesto,
Era venuto al confronto
Coll'universo.
E quando si tirarono somme,
Quando si fece il conto,
Si vide che tanto soffrire
Non serviva neppure a non morire.

TOMMASO LANDOLFI

mercoledì 25 maggio 2011

IL POETA E LA MORTE

1

- Che stai facendo, poeta, sulla riva deserta,
quando ancora non è spuntato il sole?

Guardo il mare, e penso alla morte.

- Che stai facendo, poeta,in mezzo alla calca urbana,
quando il sole abbrustolisce il cranio alle persone?

Guardo i visi delle persone, e penso alla morte.

- Che stai facendo, poeta, ora che è passata mezzanotte,
ela gentew perbene dorme da tempo?

Conto gli stormi delle stelle, e penso alla morte.



2

Sulla riva deserta, in mezzo alla calca urbana,
e nel buio della notte, quando tutti dormono -
dillo, o poeta, cos'hai concluso sul tema della morte!

Ho scoperto che gli uomini - di questa Sfera sono il macinato.
L'Onnipotente li nutre di tutta sulla terra -
creato e non creato.

Chi fra loro si solleva, e diventa Uomo,
si trasforma in farina dell'universo.
La mano di Dio ne fa nutrimento, nel Cosmo - nel tutto!
La morte sopraggiunge come quell'istante
in cui si forma il latte nella mammella della mucca.



3

E che succede, poeta,
se gli uomini non sono di questa terra il macinato?
Ma piuttosto un coaugulo velenoso di carne, sangue, ossa e vene?
Come un moscerino del vino, che per un attimo c'è,
e poi scompare, e tutto continua - come se non fosse mai esistito?

Se l'Uomo non è farina dell'universo -
sarebbe troppo terribile, sarebe troppo terribile.

ABDULAH SIDRAN, TR. SILVIO FERRARI

martedì 24 maggio 2011

GIRA IL TUO VOLTO VERSO DI ME

Gira il tuo volto verso di me!
Ho bisogno, desiderio ho
e nostalgia, il tuo volto girare verso di me.

Gira, dai, quel volto verso di me,
uomo, legno, pietra, lo stato
o chi diavolo sei!

Gira il volto verso me,ù
non per elemosina
non per lodare,
ma non voglio essere perduto, dimenticato,
in quegli ultimi giorni nel secolo ventesimo.

Non c'è importanza, io che sono:
un albero, una pietra, lo stato o un uomo.
Soltanto che verso di me senz'altro, tu devi
girare il tuo volto.

Perché ho bisogno,
nemmeno il piccolo interesse.
Perché anche tu hai bisogno
di girare iul tuo volto verso di me.

Gira quegli occhi!
Gira quelle labbra!
Gira il tuo volto verso di me;
indifferenza porta freddezza
ed ogni cattiveria che c'è.
Gira il tuo volto verso di me!

KUJTIM M. HOXHA

lunedì 23 maggio 2011

LA PAROLA

Sentiamo scendere attraverso la nostra ombra
una parola. Che rumore di speranza o di sconforto
viene a portarci? Lo ignoriamo... Lentamente, essa passa
come una lacrima, rotonda, senza ancora voce.

Uno accanto all'altro, chiediamo che amaro sale
l'abbia raccolta e resti a brillare sulle nostre labbra:
solo le mani che dentro una stella s'erano incontrate
potranno sostenere, alzate, il suo peso.

Saremo così puri e semplici come quel gesto
di fedeltà? In ogni movimento, persiste la stessa luce
- il contorno di una voce che ci chiama e che ci riunisce.

Apriremo poi in direzione di quella parola
i nostri corpi, le labbra, le viscere d'oro
perché nasca il silenzio, lento, come un fiore.

FERNANDO GUIMARAES, TR. MANUEL G. SIMOES

domenica 22 maggio 2011

L'assenza di dio è un dio anch'essa.

FERNANDO PESSOA, TR. FRANCESCO ZAMBON