sabato 28 maggio 2011

L'ACQUA

Sulla mano m'è caduta una goccia di pioggia,
attinta dal Gange e dal Nilo,

dalla brina ascesa in cielo sui baffi d'una foca,
dalle brocche rotte nelle città di Ys e Tiro.

Sul mio dito indice
il mar Caspio è un mare aperto,

e il Pacifico affluisce docile nella Rudawa,
la stessa che svolazzava come nuvoletta su Parigi

nell'anno settecentosessantaquattro
il sette maggio alle tre del mattino.

non bastano le bocche per pronunciare
tutti i tuoi fuggevoli nomi, acqua.

Dovrei darti un nome in tutte le lingue
pronunciando tutte le vocali insielme

e al tempo stesso tacere - per il lago
che non è riuscito ad avere un nome

e non esiste in terra - come in cielo
non esiste la terra che si rifletta in esso.

Qualcuno annegava, qualcuno ti invocava morendo.
E' accaduto tanto tempo fa, ed è accaduto ieri.

Spegnevi case in fimme, trascinavi via case
come alberi, foreste come città.

Eri in battisteri e in vsche di cortigiane.
Nei baci, nei sudari.

A scavar pietre, a nutrire arcobaleni.
Nel sudore e nella rugiada di piramidi e lillà.

Quanto è leggero tutto ciò in una goccia di pioggia.
Con che delicatezza il mondo mi tocca.

Qualunque cosa ogniqualvolta ovunque sia accaduta,
è critta sull'acqua di babele.

WISLAWA SZYMBORSKA, TR.PIETRO MARCHESANI

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