Dei di tutti i paesi unitevi!
Formate un partito unico dal cuore e dal fegato comuni
E salvate il lattaio
che alle cinque del mattino
munge le brume dell'alba
e canta una canzone alla libertà.
EWA LIPSKA, TR. BRUNO ROMBI?
sabato 5 dicembre 2009
A che pro dire
"io mi ricordo"
il ricordo si forgia
quando anticipando la notte
io fuggo la solitudine
Non attendete la seguente
nel riso nelle canzoni
nel cozzo dei bicchieri
o nelle alte conversazioni
Sorridete amici belli
voi lo vedete
che io esisto
ma la birra scorrendo
sulle mie labbra screpolate
non placo l'assenza
JOSE' LE MOIGNE, TR. BRUNO ROMBI?
"io mi ricordo"
il ricordo si forgia
quando anticipando la notte
io fuggo la solitudine
Non attendete la seguente
nel riso nelle canzoni
nel cozzo dei bicchieri
o nelle alte conversazioni
Sorridete amici belli
voi lo vedete
che io esisto
ma la birra scorrendo
sulle mie labbra screpolate
non placo l'assenza
JOSE' LE MOIGNE, TR. BRUNO ROMBI?
giovedì 3 dicembre 2009
DOPO
Io rinascerò senza cuore,
sempre nello syesso universo,
portando sempre la stessa testa,
le stesse mani,
forse di colore diverso,
ma tutto ciò mi consolerà affatto.
Sarò crudele e solitario
e mi nutrirò di serpi
e di insetti crudi.
Non parlerò con nessuno,
se non con parole d'insetto
o di nude srpi,
con parole che, mio malgrado, vivranno e rideranno.
RENE' DAUMAL, TR. PASQUALE DI PALMO
sempre nello syesso universo,
portando sempre la stessa testa,
le stesse mani,
forse di colore diverso,
ma tutto ciò mi consolerà affatto.
Sarò crudele e solitario
e mi nutrirò di serpi
e di insetti crudi.
Non parlerò con nessuno,
se non con parole d'insetto
o di nude srpi,
con parole che, mio malgrado, vivranno e rideranno.
RENE' DAUMAL, TR. PASQUALE DI PALMO
mercoledì 2 dicembre 2009
EROS E PSICHE
Mare nero impetuoso sbatte addosso
La vita degli altri. Qualunque cosa tu affermi nella notte
Dio la trasforma. Leggere vanno le case
Alcune arrivano con le luci accese
L'anima dei morti se ne va (dicono)
Ah chi sei tu che chiamano anima ma a cui né l'aria
Ha mai dato consistenza né mai corpo ti
Ha toccato al passaggio
Quale balsamo o quale veleno versi che
In tempi pasasti la gentile Diotima
Con canti selenti arrivò a mutare
La mente dell'uomo e il corso delle acque di Svevia*
Così chi si ama si scopre di qua e di là
Delle due stelle e di un solo destino
Ignara sembra essere la terra anche se
Non lo è. Sazia i diamanti e di carbone
Sa però parlare e là dove la verità approda
Con rimbombi sotterranei o sorgenti di grandi purezza
Viene a confermartelo. Chi? Cosa?
L'unica cosa che affermi e Dio non trasforma
Quel qualcosa d'imprecisato che nonostante tutto
Esiste dentro il Vano e il Nulla.
* Perché la figlia di Giove lui
Lottava contro le Arpie
E con devozione firmava: Scardanelli.
ODISSEAS ELITIS, TR. NICOLA CROCETTI
La vita degli altri. Qualunque cosa tu affermi nella notte
Dio la trasforma. Leggere vanno le case
Alcune arrivano con le luci accese
L'anima dei morti se ne va (dicono)
Ah chi sei tu che chiamano anima ma a cui né l'aria
Ha mai dato consistenza né mai corpo ti
Ha toccato al passaggio
Quale balsamo o quale veleno versi che
In tempi pasasti la gentile Diotima
Con canti selenti arrivò a mutare
La mente dell'uomo e il corso delle acque di Svevia*
Così chi si ama si scopre di qua e di là
Delle due stelle e di un solo destino
Ignara sembra essere la terra anche se
Non lo è. Sazia i diamanti e di carbone
Sa però parlare e là dove la verità approda
Con rimbombi sotterranei o sorgenti di grandi purezza
Viene a confermartelo. Chi? Cosa?
L'unica cosa che affermi e Dio non trasforma
Quel qualcosa d'imprecisato che nonostante tutto
Esiste dentro il Vano e il Nulla.
* Perché la figlia di Giove lui
Lottava contro le Arpie
E con devozione firmava: Scardanelli.
ODISSEAS ELITIS, TR. NICOLA CROCETTI
martedì 1 dicembre 2009
JUDITH
L'autunno spoglia gli alberi, già il freddo
avanza; fuoco occorre.
Tu strascichi a fatica, tu, da sola,
la stufa, come allora
nei giorni di una volta, quando, cara,
non ti stringevo al peto,
non bisticciavo, quando non sapevo
che non ero con te.
Più tace, e più la notte è lunga, il mondo
più è grande e più atterrisce.
Cuci: non puoi cucire la coperta
comune, se è disfatta.
Tra i rami nudi stelle ardono, fredde.
Tu sogni ancora? Dormi.
Rannìcchiati, che anch'io dormo da solo.
Non serbarmi rancore.
ATTILA JOZSEF, TR. UMBERTO ALBINI
avanza; fuoco occorre.
Tu strascichi a fatica, tu, da sola,
la stufa, come allora
nei giorni di una volta, quando, cara,
non ti stringevo al peto,
non bisticciavo, quando non sapevo
che non ero con te.
Più tace, e più la notte è lunga, il mondo
più è grande e più atterrisce.
Cuci: non puoi cucire la coperta
comune, se è disfatta.
Tra i rami nudi stelle ardono, fredde.
Tu sogni ancora? Dormi.
Rannìcchiati, che anch'io dormo da solo.
Non serbarmi rancore.
ATTILA JOZSEF, TR. UMBERTO ALBINI
lunedì 30 novembre 2009
GETSEMANI
Non una luce ultraterrena
ma un bagliore di pentole di rame
un metallo interiore
(a croce mio malgrado)
in un calvario di oggetti del mattino:
la busta di plastica, gli ombrelli
un raggio di bottiglie
più òattee nella brina.
C'è una pena che ignoro
se mi aspetto in un buio di pena, di paura
o più semplicemente nel cortile
vicino al tronco dell'albero di Giuda.
ANTONELLA ANEDDA
ma un bagliore di pentole di rame
un metallo interiore
(a croce mio malgrado)
in un calvario di oggetti del mattino:
la busta di plastica, gli ombrelli
un raggio di bottiglie
più òattee nella brina.
C'è una pena che ignoro
se mi aspetto in un buio di pena, di paura
o più semplicemente nel cortile
vicino al tronco dell'albero di Giuda.
ANTONELLA ANEDDA
domenica 29 novembre 2009
LA SIESTA DEL MICIO
E' sereno. Ogni cosa
sembra velata di fatica.
Il pomeriggio è in panna su l'antica
Certosa.
Nel marciapiedi suonano i miei passi.
Si pensa quasi ch€ l'azzurro crepiti.
Dei pugnali di sole tiepidi
feriscono il cuore dei tassi.
Sopra un tetto s'illuminan dei coppi.
De le finestre sono infiorate.
Il vento pettina le sue chiome arruffate
ne lunghi pettini dei pioppi.
De le campane di un convento vicino
spennellan l'aria d'una loro festa.
Sul davanzale un bianco micio fa la siesta
a gambe a l'aria, come un maialino.
CORRADO GOVONI
sembra velata di fatica.
Il pomeriggio è in panna su l'antica
Certosa.
Nel marciapiedi suonano i miei passi.
Si pensa quasi ch€ l'azzurro crepiti.
Dei pugnali di sole tiepidi
feriscono il cuore dei tassi.
Sopra un tetto s'illuminan dei coppi.
De le finestre sono infiorate.
Il vento pettina le sue chiome arruffate
ne lunghi pettini dei pioppi.
De le campane di un convento vicino
spennellan l'aria d'una loro festa.
Sul davanzale un bianco micio fa la siesta
a gambe a l'aria, come un maialino.
CORRADO GOVONI
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