sabato 14 novembre 2009

TRITTICO

In me esiliato, io sono Michajlovschoje.
I miei tre pini ardono e si toccano.

Nel mio viso appannato come uno specchio,
alci imbrunano e pergole.

La natura nel fiume e in me si trova,
e fuori, ancora, ma chissà dove.

Ardono dentro di me tre soli rossi.
E come vetri tremano tre boschi.

In una sola, tralucono tre donne,
l'una dentro l'altra come matrioski.

L'una mi ama, mi guarda ridendo.
L'altra si dibatte in lei come un uccello.

Ma la terza si rannicchia lì, in un canto,
come nel camino un tizzo spento.

Quella non mi perdona, no.
Si vendicherà, lo so.

Mi riluce da laggiù il suo volto,
come un anello dal fondo d'un pozzo.

ANDREJ VOZNESENSKIJ, TR. MARIO SOCRATE
Domani mi vestiranno di ceneri all'alba,
mi riempiranno la bocca di fiori.
Apprenderò a dormire
nella memoria di un muro,
nella respirazione
di un animale che sogna.

ALEJANDRA PIZARNIK, TR. CLAUDIO CINTI

giovedì 12 novembre 2009

Il nostro destino viaggia su un mare
mai attraversato, dove le onde
si susseguono in un gioco incessante
di rimpiattino.

E' l'inquieto mare del mutamento,
perde e perde ancora gli armenti
e batte le mani contro il cielo costante.

Al centro di questo mare travolgente,
tra l'alba e lanotte, Amore,
tu sei l'isola verdeggiante dove il sole
bacia l'ombra vaporosa, dove gli uccelli
sono amanti che cantano il silenzio.

RABINDRANATH TAGORE, TR. BRUNILDE NERONI

mercoledì 11 novembre 2009

HO FAME DELLA TUA BOCCA... (con un lik da guardare...)

Ho fame della tua bocca, della tua voce, dei tuoi capelli
e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso,
non mi sostiene il pane, l'alba non mi sconvolge,
cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.

Sono affamato del tuo riso che scorre,
delle tue mani color di furioso granaio,
ho fame della pallida pietra delle tue unghie,
voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta.

Voglio mangiare il fulmine bruciato della tua bellezza,
il naso sovrano dell'aitante volto,
voglio mangiare l'ombra fugace delle tue ciglia

e affamato vado e vengo annusando il crepuscolo,
cercandoti, cercando il tuo cuore caldo
come un puma nella solitudine del Quitratùe.

PABLO NERUDA, TR. GIUSEPPE BELLINI

martedì 10 novembre 2009

LETTERA

Ricordi tu il mare e le macchine,
le stive piene di buio
e quel nostro furioso amore per le Filippine,
per le grandi stelle sospese
su Famagosta?

Non c'era marinaio
che non guardasse laggiù
dove nella sera che muore
si sente il respiro dei tropici.

Ricordi tu come in noi
svanivano a poco a poco le estreme speranze
la fiducia nell'uomo e nel bene,
nel romanticismo
e in tutti gli altri inutili desideri?

E ti ricordi come troppo presto, forse,
ci preserro nella trappola della vita?
Tardi ce ne siamo accorti,
quando già eravamo stretti senza scampo.
Come alle belve in gabbia
ci brillavano gli occhi
che ci giravano intorno implorando pietà.
Ed eravamo iovani, così giovani...

Poi un odio profondo ci penetrò nel cuore,
come cancrena, coe lebbra
cresceva e ci mangiava l'anima,
tramava ozi crudeli
e cupe disperazioni, brigava nel sangue
e urlava minaccioso. Ma era presto,
troppo presto...

Eppure là in alto, nel cielo,
fremevano ancora le ali dei gabbiani
e brillava l'azzurro come mica
e ancora si spalancava lo spazio infinito
e ancora, all'orizzonte, ogni sera,
ad una ad una si perdevano le vele,
sparivano le vele... Ma noi,
noi eravamo ciechi.

Ora questo è passato, è finito per sempre.
Ma per il sonno che abbiamo dormito
nello stesso giaciglio di paglia,
io voglio dirti come oggi credo
e come mi sia risvegliato.

Per questa fede entrata nella mia vita
io non mi uccido: il vecchio odio
non è più nel mio cuore
ma in una lotta che irrompe.

E così noi avremo le nostre Filippine,
le grandi stelle sospese
su Famagosta
e la felicità ch'era spento dentro di noi
ed il perduto amore per le macchine
e l'azzurro infinito del mare
dove si sente il soffio dei tropici.

Ora è notte,
la macchina canta al ritmo della fede sicura.
Se tu sapessi quanto amo la vita
e come odio le vane chimere!

Per me è chiaro come la luce del giorno:
a testate romperemo il ghiaccio
e all'orizzonte oscuro il sole,
il nostro forte sole sorgerà:
e che mi bruci pyre le ali
come a una piccola farfalla!
Io non imprecherò, non mi lamenterò
perché tanto so
che si deve morire.

Ma morire
quando la terra si scrolla di dosso
le sue velenose muffe
e milioni di uomini risorgono,
oh, questo è un canto,
un incantevole canto!

NIKOLAJ VAPZAROV, TR. LEONARDO MANCINO

lunedì 9 novembre 2009

Stavo guardando lontano
come se chi vedeva gli alberi
con tremito remoto
fuggire non fossi io:

guardando le alte chiome
muoversi, mi parve
che nell'aria molte mani
mi dicessero addio.

JOSE' BERGAMIN, TR. CESARE GREPPI

domenica 8 novembre 2009

ADESSO DI PAESE IN PAESE

Adesso di paese in paese
errando per la vita,
dopo di mondo in mondo errando per il cielo
come quella stella fuggitiva.
Dopo?... Dopo...
poi lo dirà quella stessa stella,
quella stella romea
che è la mia,
quella stella che corre per il cielo senza riparo
come me per la vita.

LEON FELIPE, TR. ARRIGO REPETTO