sabato 19 febbraio 2011

PROFEZIA

Era nel mondo un figlio
e un giorno andò in Calabria:
era estate, ed erano
vuote le casupole,
nuove, a pandizucchero,
da fiabe di fata,color
delle feci. Vuote
Come porcili senza porci, nel centro di orti senza insalata, di campi
senza terra, di greti senza acqua, Coltivate dalla luna, le campagne.
Le spighe cresciute per bocche di scheletri. Il vento dallo Jonio
scuoteva paglia nera
come nei sogni profetici:
e la luna color delle feci
coltivava terreni
che mai l'estate amò.
Ed era nei tempi del figlio
che questo amore poteva
cominciare, e non cominciò.
Il figlio aveva
degli occhi di paglia bruciata, occhi
senza paura, e vide tutto
ciò che era male: nulla
sapeva dell'agricoltura,
delle riforme, della lotta
sindacale, degli Enti Benefattori,
lui. Ma aveva quegli occhi.
La tragica luna del pieno
sole, era là, a coltivare
quei cinquemila, quei ventimila
ettari sparsi di case di fate
del tempo della televisione,
porcili a pandizucchero, per
dignità imitata dal mondo padrone.
Ma non si può vivere là! Ah, per quanto ancora l'operaio di Milano lotterà
con tanta grandezza per il suo salario? Gli occhi bruciati dei figli, nella
luna, tra gli ettari tragici, vedono ciò che non sa il lontano fratello
settentrionale. Era il tempo
quando una nuova cristianità
riduceva a penobra il mond
del capitale: una storia finiva
in un crepuscolo in cui accadevano
i fatti, nel finire e nel nascere
noti ed ignoti. Ma il figlio
tremava d'ira nel giorno
della sua storia: nel tempo
quando il contadino calabrese
sapeva tutto, de concimi chimici,
della lotta sindacale, degli scherzi
degli Enti Benefattori, della
Demagogia dello Stato
e del Partito Comunista...
...e così aveva abbandonato
le sue casupole nuove
come porcili senza porci,
su rdure color delle feci,
sotto montagnole rotonde
in vista delo Jonio profetico.
Tre millenni svanirono
non tre secoli, non tre anni, e si sentiva di nuovo nell'aria malarica
l'attesa dei coloni greci. Ah, per quanto ancora, operaio di Milano,
lotterai solo per il salario? Non lo vedi come questi qui tivenerano?
Quasi come un padrone
Ti porterebbero su
dalla loro antica regione,
frutti e animali, i loro
feticci oscuri, a deporli
con l'orgoglio del rito
nelle tue stanzette novecento,
tra figorifero e televisione
attratti dalla tua divinità,
Tu, delle Commissioni Interne
tu della CGIL, Divinità alleata,
nel meraviglioso sole del Nord
Nella loro terra di razze
diverse, la luna coltiva
una campagna che tu
gli hai procurato inutilmente.
Nella loro Terra di Bestie.
Famigliari, la luna
èmaestra d'anima che tu
hai modernizzato inutilmente. Ah, ma il figlio sa: la grazia del sapere
è un vento che cambia corso, nel cielo. Soffia ora forse dall'Africa
e tu ascolta ciò che per grazia il figlio sa. (Se egli non sorride
è perché la speranza per lui
non fu luce ma razionalità.
E la luce del sentimento
dell'Africa, che d'improvviso
spazza le Calabrie, sia un segno
senza significato, valevole
per i tempi futuri!) Ecco:
tu smetterai di lottare
per il salaro e armerai
la mano de Calabresi.
Alì dagli Occhi Azzurri
uno dei tanti figli di figli,
scenderà da Algeri, su navi
a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini
coi corpicini e gli occhi
di poveri cani dei padri
sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini,
e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua.s
Porteranno i nonni e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali.
Sbarcheranno a milioni a Crotone o a Palmi,
a milioni, vestiti
di stracci asiatici ,e di camice americane.
Subito i Calabresi diranno,
come malandrini a malandrini:
"Ecco i vecchi fratelli,
coi figli e il pane e formaggio!"
Da Crotone o Palmi saliranno
a Napoli, e da lì a Barcellona,
a Salonicco e a Marsiglia,
nelle Città della Malavita.
Anime e angeli, topi e pidocchi,
col germe dela StoriaAntica,
voleranno dvanti alle willaye..
...deponendo l'onestà
delle religioni contadine,
dimenticando l'onore
della malavita,
tradendo il candore
dei popoli barbari,
dietro ai loro Alì
dagli Occhi Azzurri - usciranno da sotto la terra per rapinare -
saliranno dal fondo del mare per uccidere, - scenderanno dall'alto del cielo
per espropriare - e per insegnare ai compagni operai la gioia della vita -
per insegnare ai borghesi
la gioia della morte
- distruggendo Roma
e sulle sue rovine
deporranno il germe
della Storia Antica.
Poi col Papa e ogni sacramento
andranno come zingari
su verso l'Ovest e il Nord
con le bandiere rosse
di Trockij al vento...

pier paolo pasolini

venerdì 18 febbraio 2011

ALLA MIA NAZIONE

Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico,
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e come sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impegati di agrari, prefetti codini,,
avvocatucci unti di brillantina e piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto il male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

PIER PAOLO PASOLINI

giovedì 17 febbraio 2011

QUASI ALLA MANIERA DELL'ACHMTOVA, PER LEI

Un poeta dice che un poeta è un passero
che ripete tutta la vita le stesse note.
Le tue sono le note di un passero che crede
che la sua vita sia tutta la vita.

Nessuno va a disilludere un passero, perché
un passero non può farsi disilludere:
la sua sicurezza è come la presenza -
sulla terra - del paese di Carskoe Selò.

E' passata su Carskoe Selò la rivoluzione?
Certo, è passata, ma come
"un evento che non ha l'eguale":
e il paassero ha continuato a cantare.

Nulla esiste se non si misura col mistero:
che testimonianza avremmo degli "eventi"
se non cantasse prima e dopo di loro
un passero col suo canto lieve e severo?

PIER PAOLO PASOLINI

mercoledì 16 febbraio 2011

TRADUCCIONES, XVII

all'alba
sono di nuovo cominciati i rumori in casa
ed è possibile che siano i fantasmi o
qualche armadio qualche oblio in disarmo

o saranno i nostri baci d'un tempo
che approfittano della solitudine
ormai per disamarsi e cadere
ridotti in polvere sul pavimento

sarà così?
il loro impercettibile rumore non mi fa dormire
eppure anche oggi mi sono sentito solo
nel corridoio dove una volta ci siamo lacerati

non dalla rabbia dei vicini né
dalle colonie in Africa o
dal fondo dello specchio ma
proprio da dentro me torni e ritorni

JUAN GELMAN, TR. ANTONELLA FABRIANI

martedì 15 febbraio 2011

GUARDAMI: SONO NUDA

Guardami: sono nuda. Dall'inquieto
languore della mia capigliatura
alla tensione snella del mio piede,
io sono tutta una magrezza acerba
inguainata in un color d'avorio.
Guarda: pallida è la carne mia.
Si direbbe che il sangue non vi scorra.
Rosso non ne traspare. Solo un languido
palpito azzurro sfuma in mezzo al petto.
Vedi come incavato ho il ventre. Incerta
è la curva dei fianchi, ma i ginocchi
e le caviglie, e tutte le giuntute,
ho scarne e salde come un puro sangue.
Oggi, m'incarno nuda, nel nitore
del bagno bianco e m'inarcherò nuda nuda
domani swopra un letto, se qualcuno
mi prenderà. E un giorno nuda, sola,
stesa supina sotto troppa terra,
starò, quando la morte avrà chiamato.

ANTONIA POZZI

lunedì 14 febbraio 2011

IL GIARDINIERE, XXXII

Dimmi se questo è vero, amore mio,
dimmi se questo è tutto vero.
Quando questi occhi scagliano i lor lampi
le oscure nubi nel tuo petto
danno risposte tempestose.
E' vero che le mie labbra son dolci
come il boccio del primo amore?
Che lememorie di mesi svaniti
di maggio indugiano nelle mie membra?
Che la terra, come un'arpa, vibra
di canzoni al tocco dei miei piedi?
E' poi vero che gocce di rugiada
cadono dagli occhi della notte
al mio apparire e la luce del giorno
è felice quando avvolgè il mio corpo?
E' vero, è vero che il tuo amore viaggiò
per ere e mondi in cerca di me?
Che quando finalmente mi trovasti
il tuo secolare desiderio
trovò una pace perfetta
nel mio gentile parlare
nei miei occhi e nelle mie labbra
e nei miei capelli fluenti?
E dimmi infine se è proprio vero
che il mistero dell'infinito
è scritto sulla mia piccola fronte.
Dimmi, amore mio, se tutto questo è vero.

RbindrNth tGORE, TR. GIROLAMO MANCUSO

domenica 13 febbraio 2011

Bacio assetato la neve che mi assedia
stella senza bocca a illuminare la tua cecità orfana
sono giuntodala linea arida dell'orizzonte e vedo
che là in fondo si abbracciano uomini e uccelli
perché manca il Tempo e le piogge non ci richiamano
procedi mio sangue verso boschi oscuri
procedi mia Voce verso l'inno delle pietre e glorifica
il cielo sparso sulla mia pelle selvatica
è il fuoco che m'insegue d'oceano in oceano
lo vedi come avanza e brucia le mie orme costanti
per partorire altree ceneri?

GEZIM HAJDARI