Senza che io l’attenda
ora arriva un altro anno;
ma, come d’inverno la neve si raggela,
nemmeno una lettera mi manda −
la persona che mi ha abbandonato.
ŌSHIKŌSHI NO MITSUNE, TR. IKUKO SAGIYAMA
mercoledì 31 dicembre 2008
martedì 30 dicembre 2008
lunedì 29 dicembre 2008
domenica 28 dicembre 2008
La carne del salice il fuoco primigenio della gioventù
La loquela intensa del profumo della terra
La radice la favilla il fulmine la nube
Scavo infinito con sudore e gioia
Nelle viscere insanguinate del dolore
Tu passa attraverso gli stretti del ricordo
Più lontano sempre più lontano più in là
Là dove il deserto cancella la sua forma
ODISSEAS ELITIS
La loquela intensa del profumo della terra
La radice la favilla il fulmine la nube
Scavo infinito con sudore e gioia
Nelle viscere insanguinate del dolore
Tu passa attraverso gli stretti del ricordo
Più lontano sempre più lontano più in là
Là dove il deserto cancella la sua forma
ODISSEAS ELITIS
sabato 27 dicembre 2008
Il mio desiderio si fa
bosco delicato,
enigma di nubi.
Ora altro non voglio
se non vedere, bere
l’oro delle foglie
coperte di tristezza.
Cos’è il mondo? La vita
amorosa mi acceca.
Chi è fuggito
dal tuo tremulo sguardo?
Che uccello? Il mio orecchio
risuona della sua oscura forma,
alberi verdi, raggi,
di dolcezza silenziosa
risuonano…quando conosceremo
il conto di quel fumo
silenzioso che fugge!
CINTIO VITIER, TR. GIUSEPPE E. BELLINI
bosco delicato,
enigma di nubi.
Ora altro non voglio
se non vedere, bere
l’oro delle foglie
coperte di tristezza.
Cos’è il mondo? La vita
amorosa mi acceca.
Chi è fuggito
dal tuo tremulo sguardo?
Che uccello? Il mio orecchio
risuona della sua oscura forma,
alberi verdi, raggi,
di dolcezza silenziosa
risuonano…quando conosceremo
il conto di quel fumo
silenzioso che fugge!
CINTIO VITIER, TR. GIUSEPPE E. BELLINI
venerdì 26 dicembre 2008
Ahimè! Ah vita! di queste domande che ricorrono,
degli infiniti cortei di senza fede, di città piene di
sciocchi,
di me stesso che sempre mi rimprovero (perché chi più
sciocco di me, e chi più senza fede?)
di occhi che invano bramano la luce, di meschini scopi,
della battaglia sempre rinnovata,
di poveri risultati di tutto, della folla che vedo sordida
camminare a fatica intorno a me,
dei vuoti ed inutili anni degli altri, io con gli altri legato
in tanti nodi,
la domanda, ahimè, la domanda così triste che ricorre −
che cosa c’è di buono in tutto questo, ahimè, ah vita?
Risposta:
Che tu sei qui − che esiste la vita e l’individuo,
che il potente spettacolo continua, e tu puoi contribuirvi
con un tuo verso.
WALT WHITMAN, TR. ENZO GIACHINO
degli infiniti cortei di senza fede, di città piene di
sciocchi,
di me stesso che sempre mi rimprovero (perché chi più
sciocco di me, e chi più senza fede?)
di occhi che invano bramano la luce, di meschini scopi,
della battaglia sempre rinnovata,
di poveri risultati di tutto, della folla che vedo sordida
camminare a fatica intorno a me,
dei vuoti ed inutili anni degli altri, io con gli altri legato
in tanti nodi,
la domanda, ahimè, la domanda così triste che ricorre −
che cosa c’è di buono in tutto questo, ahimè, ah vita?
Risposta:
Che tu sei qui − che esiste la vita e l’individuo,
che il potente spettacolo continua, e tu puoi contribuirvi
con un tuo verso.
WALT WHITMAN, TR. ENZO GIACHINO
giovedì 25 dicembre 2008
mercoledì 24 dicembre 2008
Della terra che si fende
d’uno stelo a spirale che s’eleva
di mani fradice di luce,
degli occhi lenti nella notte,
d’un aroma d’onde,
s’intrama di colori di pietra,
una croce,
una favilla che deflagra
come petali di ceramica.
Fra pieghe di ceramica
nata dal sogno nasce un’immagine.
Si trasforma la materia,
si dischiude un fiore.
CARLES DUARTE, TR. GIUSEPPE E. SANSONE
d’uno stelo a spirale che s’eleva
di mani fradice di luce,
degli occhi lenti nella notte,
d’un aroma d’onde,
s’intrama di colori di pietra,
una croce,
una favilla che deflagra
come petali di ceramica.
Fra pieghe di ceramica
nata dal sogno nasce un’immagine.
Si trasforma la materia,
si dischiude un fiore.
CARLES DUARTE, TR. GIUSEPPE E. SANSONE
martedì 23 dicembre 2008
Terra!
.
Con brandelli delle mie labbra sporchi di belletti altrui.
Col fumo sui capelli dell’incendio degli occhi di stagno
lascia che avvolga i seni incavati delle paludi
nell’impennato nitrito dei cavalli sellati dalla morte.
Intorbiditi gli occhi dei fuochi marciscono negli acquazzoni,
il fumo da dietro le case ci raggiungerà con le lunghe zampe
Sorella mia!
Negli ospizi dei secoli venturi,
forse mi si troverà una madre;
io le ho gettato un corno insanguinato di canti
facendo saltelli nel campo
un fossato, verde spione,
per imprigionare
con le corde delle sudice strade.
VLADIMIR MAJAKOVSKIJ
.
Con brandelli delle mie labbra sporchi di belletti altrui.
Col fumo sui capelli dell’incendio degli occhi di stagno
lascia che avvolga i seni incavati delle paludi
nell’impennato nitrito dei cavalli sellati dalla morte.
Intorbiditi gli occhi dei fuochi marciscono negli acquazzoni,
il fumo da dietro le case ci raggiungerà con le lunghe zampe
Sorella mia!
Negli ospizi dei secoli venturi,
forse mi si troverà una madre;
io le ho gettato un corno insanguinato di canti
facendo saltelli nel campo
un fossato, verde spione,
per imprigionare
con le corde delle sudice strade.
VLADIMIR MAJAKOVSKIJ
lunedì 22 dicembre 2008
Luna d’inverno che dal melograno
per i vetri di casa filtra lenta
sui miei sogni veloci, di ladro,
sempre inseguito e sempre per partire.
Come un velo di lacrime t’appanna.
e presto l’ora suonerà…
Lontano,
oltre le nostre sponde, oltre le magre
stagioni che con moto di marea
mortalmente stancandoci ci esaltano
e ci esaltano poi splenderai lieta
tu, insegna d’oro all’ultima locanda,
lampada sopra il desco incorruttibile
al cui chiarore ad uno ad uno
i visi in cerchio rivedrò, che un turbine
vuoto e crudele mi cancella.
MARIA LUISA SPAZIANI
per i vetri di casa filtra lenta
sui miei sogni veloci, di ladro,
sempre inseguito e sempre per partire.
Come un velo di lacrime t’appanna.
e presto l’ora suonerà…
Lontano,
oltre le nostre sponde, oltre le magre
stagioni che con moto di marea
mortalmente stancandoci ci esaltano
e ci esaltano poi splenderai lieta
tu, insegna d’oro all’ultima locanda,
lampada sopra il desco incorruttibile
al cui chiarore ad uno ad uno
i visi in cerchio rivedrò, che un turbine
vuoto e crudele mi cancella.
MARIA LUISA SPAZIANI
domenica 21 dicembre 2008
sabato 20 dicembre 2008
venerdì 19 dicembre 2008
AUTUNNO
Respiro. La verità
della vita mi bagna di silenzio.
Filtra il sole dalle persiane
e ricordo la luce come altra volta
che solo ho intravisto.
Forse ricorderò questo minuto
anche nella lontananza silenziosa
dove il tempo e lo spazio si confondono,
come il sommo e l’illusione
nella parola. Che silenzio,
che parola e che luce mai goduta
brilla nel corso di questo fiume
della mia vita più dolce dell’autunno
che indora nella penombra la memoria?
Oh, tesoro di pace, vita divina,
trasparenza d’amore, in cui perduro!
CINTIO VITIER, TR. GIUSEPPE G. BELLINI
della vita mi bagna di silenzio.
Filtra il sole dalle persiane
e ricordo la luce come altra volta
che solo ho intravisto.
Forse ricorderò questo minuto
anche nella lontananza silenziosa
dove il tempo e lo spazio si confondono,
come il sommo e l’illusione
nella parola. Che silenzio,
che parola e che luce mai goduta
brilla nel corso di questo fiume
della mia vita più dolce dell’autunno
che indora nella penombra la memoria?
Oh, tesoro di pace, vita divina,
trasparenza d’amore, in cui perduro!
CINTIO VITIER, TR. GIUSEPPE G. BELLINI
giovedì 18 dicembre 2008
dietro un muro bianco l’arcobaleno screziato. La
bambola in gabbia sta creando l’autunno. E’ il destarsi delle
offerte. Un giardino appena creato, un pianto dietro la
musica. Che suoni sempre e nessuno assisterà
al movimento della nascita, alla mimica delle offerte,
al movimento di quella sono annodata a questo silenzio
che amo. E che di me non resti se non l’allegria
di chi chiese di entrare e gli fu concesso. E’ la musica,
è la morte, è ciò che volli dire in motti screziati
come i colori del bosco.
ALEJANDRA PIZARNIK, TR. CLAUDIO CINTI
bambola in gabbia sta creando l’autunno. E’ il destarsi delle
offerte. Un giardino appena creato, un pianto dietro la
musica. Che suoni sempre e nessuno assisterà
al movimento della nascita, alla mimica delle offerte,
al movimento di quella sono annodata a questo silenzio
che amo. E che di me non resti se non l’allegria
di chi chiese di entrare e gli fu concesso. E’ la musica,
è la morte, è ciò che volli dire in motti screziati
come i colori del bosco.
ALEJANDRA PIZARNIK, TR. CLAUDIO CINTI
dietro un muro bianco l’arcobaleno screziato. La
bambola in gabbia sta creando l’autunno. E’ il destarsi delle
offerte. Un giardino appena creato, un pianto dietro la
musica. Che suoni sempre e nessuno assisterà
al movimento della nascita, alla mimica delle offerte,
al movimento di quella sono annodata a questo silenzio
che amo. E che di me non resti se non l’allegria
di chi chiese di entrare e gli fu concesso. E’ la musica,
è la morte, è ciò che volli dire in motti screziati
come i colori del bosco.
ALEJANDRA PIZARNIK
bambola in gabbia sta creando l’autunno. E’ il destarsi delle
offerte. Un giardino appena creato, un pianto dietro la
musica. Che suoni sempre e nessuno assisterà
al movimento della nascita, alla mimica delle offerte,
al movimento di quella sono annodata a questo silenzio
che amo. E che di me non resti se non l’allegria
di chi chiese di entrare e gli fu concesso. E’ la musica,
è la morte, è ciò che volli dire in motti screziati
come i colori del bosco.
ALEJANDRA PIZARNIK
mercoledì 17 dicembre 2008
Nel mattino piovigginoso
Di questi viali a squadre
in una città non mia
dove il freddo gonfia i passeri
in cerca di cibo tra lucide
castagne d’India e foglie morte,
m’invento senza nessuna impazienza
e molta cura un’estate personale.
Fino a che il fruscio degli alberi
è respiro del mare
che rompe lungo sulla spiaggia.
E tu che nel sole ridi contenta.
GIORGIO DEVOTO
Di questi viali a squadre
in una città non mia
dove il freddo gonfia i passeri
in cerca di cibo tra lucide
castagne d’India e foglie morte,
m’invento senza nessuna impazienza
e molta cura un’estate personale.
Fino a che il fruscio degli alberi
è respiro del mare
che rompe lungo sulla spiaggia.
E tu che nel sole ridi contenta.
GIORGIO DEVOTO
martedì 16 dicembre 2008
lunedì 15 dicembre 2008
domenica 14 dicembre 2008
Se i segni antichi, arcaici,
cerchi tra monte e valle,
mutazione delle forma,
principio di pena umana,
volgendo i tratti del senso,
di quiete già sofferta
di fine e cominciamento
verso l’inappagabile,
ahi, solo nei distruttori
vedi animarsi i segni:
facce pallide, fredde e il consummatum est.
GOTTFRIED BENN, TR. GIULIANO BAIONI
.
cerchi tra monte e valle,
mutazione delle forma,
principio di pena umana,
volgendo i tratti del senso,
di quiete già sofferta
di fine e cominciamento
verso l’inappagabile,
ahi, solo nei distruttori
vedi animarsi i segni:
facce pallide, fredde e il consummatum est.
GOTTFRIED BENN, TR. GIULIANO BAIONI
.
sabato 13 dicembre 2008
venerdì 12 dicembre 2008
giovedì 11 dicembre 2008
mercoledì 10 dicembre 2008
L'EDIFICIO UMANO
C’è silenzio nell’essere umano
La luce che cade
cade come la luce
cade sugli ampi pavimenti tra le ombre
e fa brillare le innervature delle finestre.
Non ci sono raffiche di vento
nell’edificio umano.
Nel mondo esterno soffia il vento,
toccando gli alberi e creature di ogni genere.
Dall’interno dell’edificio umano il mondo è silenzioso
e silenzioso è lo sguardo
che nasce e muore una volta al confine della finestra
contro vento luce e pioggia.
Mentre i giorni e le notti
attraversano le stanze una volta
con canto significato e oblio
che appartengono a quanto è stato visto
toccato e messo in ombra.
ULF ERIKSSON, tr. EDOARDO ZUCCATO
La luce che cade
cade come la luce
cade sugli ampi pavimenti tra le ombre
e fa brillare le innervature delle finestre.
Non ci sono raffiche di vento
nell’edificio umano.
Nel mondo esterno soffia il vento,
toccando gli alberi e creature di ogni genere.
Dall’interno dell’edificio umano il mondo è silenzioso
e silenzioso è lo sguardo
che nasce e muore una volta al confine della finestra
contro vento luce e pioggia.
Mentre i giorni e le notti
attraversano le stanze una volta
con canto significato e oblio
che appartengono a quanto è stato visto
toccato e messo in ombra.
ULF ERIKSSON, tr. EDOARDO ZUCCATO
martedì 9 dicembre 2008
lunedì 8 dicembre 2008
Nel mio prato che miscuglio di Natura!
Le mie sorelle le piante
Le compagne delle fonti le sante
Che nessuno prega…
E le tagliamo e vengono alla nostra tavola
E negli alberghi gli ospiti rumorosi,
Che arrivano con coperte legate con cinghie
Chiedono “Insalata”, sbadati…
Senza pensare che esigono alla Terra-Madre
La sua freschezza e i suoi primi figli,
Le prime verdi parole ch’essa pronuncia,
Che Noè vide
Quando le acque calarono e la cima dei monti
Verde e inondata sorse
E nell’aria dove la colomba apparve
L’arcobaleno sfioriva…
FERNANDO PESSOA/ALBERTO CAEIRO, TR. LIBERO CORSI
Le mie sorelle le piante
Le compagne delle fonti le sante
Che nessuno prega…
E le tagliamo e vengono alla nostra tavola
E negli alberghi gli ospiti rumorosi,
Che arrivano con coperte legate con cinghie
Chiedono “Insalata”, sbadati…
Senza pensare che esigono alla Terra-Madre
La sua freschezza e i suoi primi figli,
Le prime verdi parole ch’essa pronuncia,
Che Noè vide
Quando le acque calarono e la cima dei monti
Verde e inondata sorse
E nell’aria dove la colomba apparve
L’arcobaleno sfioriva…
FERNANDO PESSOA/ALBERTO CAEIRO, TR. LIBERO CORSI
domenica 7 dicembre 2008
Viaggio nei paesi della vita
e gioventù calpesta il fuoco
d’una triste verità
Di giorni spesi il conto è breve,
ombre sommano ombre,
un totale di gocce d’acqua.
E’ notte nei luoghi miei,
amori e amici fanno fuochi fatui
intorno alla luna del passato,
d’ogni volto scocca la fionda
contro un muro di sale che non rompe.
Amati nomi, ore bruciate,
sabbia andata dall’una all’altra riva.
E tutta la grazia di quel tempo
resta nella spiga di grano
che i morti pensieri saluta.
LIBRO DE LIBERO
e gioventù calpesta il fuoco
d’una triste verità
Di giorni spesi il conto è breve,
ombre sommano ombre,
un totale di gocce d’acqua.
E’ notte nei luoghi miei,
amori e amici fanno fuochi fatui
intorno alla luna del passato,
d’ogni volto scocca la fionda
contro un muro di sale che non rompe.
Amati nomi, ore bruciate,
sabbia andata dall’una all’altra riva.
E tutta la grazia di quel tempo
resta nella spiga di grano
che i morti pensieri saluta.
LIBRO DE LIBERO
sabato 6 dicembre 2008
l’uno che non viene dal corpo
è infanzia perduta/nella
vita ch’io sono s’addensa
la chiarezza del mai esistito/viene
la sofferenza/il peso
e la misura dello spavento/
non sono chiesa/chi
pensa alla distanza tra me
e il chiaro solo ferito?/
stanno passeggiando verso l’innocenza
per le vie del quartiere/si spoglia
la veste del caso/la vertigine
pura/o disgrazia nelle
stanze del vuoto.
JUAN GELMAN, TR. LAURA BRANCHINI
è infanzia perduta/nella
vita ch’io sono s’addensa
la chiarezza del mai esistito/viene
la sofferenza/il peso
e la misura dello spavento/
non sono chiesa/chi
pensa alla distanza tra me
e il chiaro solo ferito?/
stanno passeggiando verso l’innocenza
per le vie del quartiere/si spoglia
la veste del caso/la vertigine
pura/o disgrazia nelle
stanze del vuoto.
JUAN GELMAN, TR. LAURA BRANCHINI
venerdì 5 dicembre 2008
Una stagione piega in disadorni
alberi, tutto il vento
ci consola di noi, delle nostre orme
vane, per sempre.
Tutto il sole che ardeva foglia a foglia è caduto
sulla ghiaia dell’orto, ma una marea di chiare
memorie toglie l’anima al rimpianto d’amare
mani bianche alle rive d’un altro saluto.
ALESSANDRO PARRONCHI
alberi, tutto il vento
ci consola di noi, delle nostre orme
vane, per sempre.
Tutto il sole che ardeva foglia a foglia è caduto
sulla ghiaia dell’orto, ma una marea di chiare
memorie toglie l’anima al rimpianto d’amare
mani bianche alle rive d’un altro saluto.
ALESSANDRO PARRONCHI
giovedì 4 dicembre 2008
Visibile invisibile
il carrettiere all’orizzonte
nelle braccia della strada chiama
risponde alla voce delle isole.
Anch’io non vado alla deriva,
intorno rulla il mondo, leggo
la mia storia come gli aedi, di notte
le ore delle piogge. Il segreto ha margini
felici, stratagemmi, attrazioni difficili
La mia vita, abitanti crudeli e sorridenti
delle mie vie, dei miei paesaggi,
è senza maniglie alle porte.
Non mi preparo alla morte,
so il principio delle cose
la fine è una superficie dove viaggia
l’invasore della mia ombra
Io non conosco le ombre.
SALVATORE QUASIMODO
il carrettiere all’orizzonte
nelle braccia della strada chiama
risponde alla voce delle isole.
Anch’io non vado alla deriva,
intorno rulla il mondo, leggo
la mia storia come gli aedi, di notte
le ore delle piogge. Il segreto ha margini
felici, stratagemmi, attrazioni difficili
La mia vita, abitanti crudeli e sorridenti
delle mie vie, dei miei paesaggi,
è senza maniglie alle porte.
Non mi preparo alla morte,
so il principio delle cose
la fine è una superficie dove viaggia
l’invasore della mia ombra
Io non conosco le ombre.
SALVATORE QUASIMODO
mercoledì 3 dicembre 2008
martedì 2 dicembre 2008
lunedì 1 dicembre 2008
domenica 30 novembre 2008
STELLA
Se, alla luce di queste cose, tu scolori
davvero, eppure debolmente sottratta
alla nostra determinata e giusta
distanza, come la luna lasciata accesa
tutta la notte tra le foglie, possa
tu invisibilmente allietare questa casa,
o stella, doppiamente compassionevole, venuta
troppo presto per il crepuscolo, troppo tardi
per l’alba, possa la tua pallida fiamma
dirigere il peggio in noi
attraverso il caos
con la passione del
semplice giorno.
DEREK WALCOTT, TR. BARBARA BIANCHI
davvero, eppure debolmente sottratta
alla nostra determinata e giusta
distanza, come la luna lasciata accesa
tutta la notte tra le foglie, possa
tu invisibilmente allietare questa casa,
o stella, doppiamente compassionevole, venuta
troppo presto per il crepuscolo, troppo tardi
per l’alba, possa la tua pallida fiamma
dirigere il peggio in noi
attraverso il caos
con la passione del
semplice giorno.
DEREK WALCOTT, TR. BARBARA BIANCHI
AUTUNNO
Con più alto splendore appare la Natura
dove il giorno si chiude in molte gioie;
è l’anno che si compie nello sfarzo,
dove s’unisce il frutto allo splendore lieto.
Adorno è il cerchio della terra; rari
Suoni nei campi aperti; il sole scalda
mite il giorno autunnale…i campi sono
una vista lontana; spiravano le brezze
tra rami e banchi come un croscio allegro.
Quando cambi si scambiano col vuoto
tutto il senso d’un quadro chiaro vivo
come un quadro, aureolato d’oro ricco.
FRIEDRICH HOLDERLIN, TR. ENZO MANDRUZZATO
dove il giorno si chiude in molte gioie;
è l’anno che si compie nello sfarzo,
dove s’unisce il frutto allo splendore lieto.
Adorno è il cerchio della terra; rari
Suoni nei campi aperti; il sole scalda
mite il giorno autunnale…i campi sono
una vista lontana; spiravano le brezze
tra rami e banchi come un croscio allegro.
Quando cambi si scambiano col vuoto
tutto il senso d’un quadro chiaro vivo
come un quadro, aureolato d’oro ricco.
FRIEDRICH HOLDERLIN, TR. ENZO MANDRUZZATO
sabato 29 novembre 2008
ALL'AMATO SE STESSO DEDICA QUESTE RIGHE, L'AUTORE
Le quattro.
Pesanti come un colpo.
“A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio.”
Ma uno
come me
dove potrà cacciarsi?
Dove mi è stata preparata una tana?
Se fossi piccolo,
come il grande oceano,
sulla punta delle onde m’alzerei,
con l’alta marea accarezzando la luna.
Dove trovare un’amata
che sia uguale a me?
Potrebbe trovar posto nel minuscolo cielo?
Oh, se povero fossi,
come un miliardario!
Che cos’è il denaro per l’anima?
È un ladro insaziabile dentro di lei.
All’orda sfrenata dei miei desideri
non basta l’oro di tutte le Californie.
Se balbettare potessi,
come Dante
o Petrarca!
Per una sola accendere l’anima!
Comandarle coi versi di bruciare!
Le parole
e il mio amore
sarebbero un arco di trionfo:
pomposamente,
senza lasciar traccia, vi passerebbero
tutte le amanti dei secoli.
Oh, s’io fossi sommesso,
come il tuono,
gemerei,
abbracciando in un tremito il decrepito eremo terrestre.
Se io
urlerò con la mia voce immensa,
le comete torceranno le braccia fiammeggianti,
e giù si getteranno per la tristezza.
Coi raggi degli occhi rosicchierei le notti,
s’io fossi
offuscato
come il sole!
Che brama provo
d’abbeverare col mio splendore
il seno dimagrito della terra!
Passerò,
trascinando il mio grande amore.
In quale notte
delirante,
inferma,
da quale Golia fui concepito,
così enorme
e così inutile?
VLADIMIR MAJAKOVSKIJ
Pesanti come un colpo.
“A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio.”
Ma uno
come me
dove potrà cacciarsi?
Dove mi è stata preparata una tana?
Se fossi piccolo,
come il grande oceano,
sulla punta delle onde m’alzerei,
con l’alta marea accarezzando la luna.
Dove trovare un’amata
che sia uguale a me?
Potrebbe trovar posto nel minuscolo cielo?
Oh, se povero fossi,
come un miliardario!
Che cos’è il denaro per l’anima?
È un ladro insaziabile dentro di lei.
All’orda sfrenata dei miei desideri
non basta l’oro di tutte le Californie.
Se balbettare potessi,
come Dante
o Petrarca!
Per una sola accendere l’anima!
Comandarle coi versi di bruciare!
Le parole
e il mio amore
sarebbero un arco di trionfo:
pomposamente,
senza lasciar traccia, vi passerebbero
tutte le amanti dei secoli.
Oh, s’io fossi sommesso,
come il tuono,
gemerei,
abbracciando in un tremito il decrepito eremo terrestre.
Se io
urlerò con la mia voce immensa,
le comete torceranno le braccia fiammeggianti,
e giù si getteranno per la tristezza.
Coi raggi degli occhi rosicchierei le notti,
s’io fossi
offuscato
come il sole!
Che brama provo
d’abbeverare col mio splendore
il seno dimagrito della terra!
Passerò,
trascinando il mio grande amore.
In quale notte
delirante,
inferma,
da quale Golia fui concepito,
così enorme
e così inutile?
VLADIMIR MAJAKOVSKIJ
Da tutto questo vi ho fino ad esso
preservato, ho innalzato difese minute
per conservarvi
negli occhi il colore delle piante
la fresca ruga dell’acqua
presentirvi alto gridare
in corsa senza timore
Poco, ma è tutto, l’altro è dentro di voi
è parte della vita che vi inoltrate a scrivere,
non so se lieta o quanto.
RODOLFO DI BIASIO
preservato, ho innalzato difese minute
per conservarvi
negli occhi il colore delle piante
la fresca ruga dell’acqua
presentirvi alto gridare
in corsa senza timore
Poco, ma è tutto, l’altro è dentro di voi
è parte della vita che vi inoltrate a scrivere,
non so se lieta o quanto.
RODOLFO DI BIASIO
venerdì 28 novembre 2008
giovedì 27 novembre 2008
Nello spazio lunare
pesa il silenzio dei morti
Ai carri eternamente remoti
il cigolio dei lumi
improvvisa perduti e beati
villaggio di sonno.
Come un tepore troveranno l’alba
gli zingari di neve,
come un tepore sotto l’ala i morti.
Così lontano a trasparire il mondo
Ricorda che fu l’erba, una pianura.
ALFONSO GATTO
pesa il silenzio dei morti
Ai carri eternamente remoti
il cigolio dei lumi
improvvisa perduti e beati
villaggio di sonno.
Come un tepore troveranno l’alba
gli zingari di neve,
come un tepore sotto l’ala i morti.
Così lontano a trasparire il mondo
Ricorda che fu l’erba, una pianura.
ALFONSO GATTO
QUANDO IL SOLE SBAGLIA
quando dietro le nuvole sbaglia il sole
(ma non sarà stato il vento a fargli strada?)
quella luce in attesa
non sperata inattesa
non vorrà dire qualcosa?
Una cosa in attesa?
ma quale? di fatto
a qualcuno vien voglia di vivere
a un altro di morire.
LUCIANO ERBA
(ma non sarà stato il vento a fargli strada?)
quella luce in attesa
non sperata inattesa
non vorrà dire qualcosa?
Una cosa in attesa?
ma quale? di fatto
a qualcuno vien voglia di vivere
a un altro di morire.
LUCIANO ERBA
martedì 25 novembre 2008
IL POCO D'ACQUA
A questo fiocco
Che sulla mia mano si posa, vorrei
Assicurare l’eterno
Facendo del mio vivere, del mio calore,
Del mio passato, di questi giorni d’oggi,
solo un istante, quest’attimo illimitato.
Ma non è nient’altro
Che un po’ d’acqua a disperdersi
nella bruma dei corpi che vanno nella neve.
YVES BONNEFOY, TR. DAVIDE BRACAGLIA
Che sulla mia mano si posa, vorrei
Assicurare l’eterno
Facendo del mio vivere, del mio calore,
Del mio passato, di questi giorni d’oggi,
solo un istante, quest’attimo illimitato.
Ma non è nient’altro
Che un po’ d’acqua a disperdersi
nella bruma dei corpi che vanno nella neve.
YVES BONNEFOY, TR. DAVIDE BRACAGLIA
SERA AUTUNNALE
Il fruscio delle foglie è come pioggia
che cade
Come la neve è candida
la luna
Nel cuore della notte dormo
in solitudine
Chi spazzerà la polvere dal mio
letto?
PO CHÜ-I, TR. VILMA COSTANTINI
che cade
Come la neve è candida
la luna
Nel cuore della notte dormo
in solitudine
Chi spazzerà la polvere dal mio
letto?
PO CHÜ-I, TR. VILMA COSTANTINI
lunedì 24 novembre 2008
domenica 23 novembre 2008
La luna vòlta agli anni in cui da un cuore
nuovo traevo più bagliore che da vetri,
nella violenza del silenzio, quasi
silente pel dolore di vedermi
arreso guadagna con cieca lentezza
le vecchie stade.E, ancora qualch vetro
quaggiù ne brucia, e qualche pista
sfregata dal vento di terra nuda
Ma è nel cielo che si ammassa
− perché io son stanco − fosse stanca
e delusa tutta la terra la gran luce;
e solo il cosmo n’è investito, non più
queste nostre contrade, se un riverbero
un misero riflesso ancora ha vita
è per significare che la luna
è vòlta verso dove non c’è vita.
PIER PAOLO PASOLINI
nuovo traevo più bagliore che da vetri,
nella violenza del silenzio, quasi
silente pel dolore di vedermi
arreso guadagna con cieca lentezza
le vecchie stade.E, ancora qualch vetro
quaggiù ne brucia, e qualche pista
sfregata dal vento di terra nuda
Ma è nel cielo che si ammassa
− perché io son stanco − fosse stanca
e delusa tutta la terra la gran luce;
e solo il cosmo n’è investito, non più
queste nostre contrade, se un riverbero
un misero riflesso ancora ha vita
è per significare che la luna
è vòlta verso dove non c’è vita.
PIER PAOLO PASOLINI
Un nitido fuoco abita in me, e freddamente vedo
La vita violenta illuminare per intero…
Ormai posso amare soltanto nel sonno
I suoi gesti gentili intrisi di luce.
Di notte i miei giorni mi rendono gli sguardi,
Dopo il primo sonno infelice:
quando la stessa sventura è diffusa nel buio,
Tornano a farmi vivere, a darmi gli occhi.
Se la loro gioia erompe, un’eco che mi sveglia
Rende non altro che un morto sulla mia riva di carne,
E ilmiosorriso estraneo sospende il mio orecchio,
come alla vuota conchiglia un murmure di mare,
Il dubbio −sul ciglio di un’estrema meraviglia,
Se sono, se fui, se dormo o son desto.
PAUL VALÉRY, TR. MASSIMO CESCON
La vita violenta illuminare per intero…
Ormai posso amare soltanto nel sonno
I suoi gesti gentili intrisi di luce.
Di notte i miei giorni mi rendono gli sguardi,
Dopo il primo sonno infelice:
quando la stessa sventura è diffusa nel buio,
Tornano a farmi vivere, a darmi gli occhi.
Se la loro gioia erompe, un’eco che mi sveglia
Rende non altro che un morto sulla mia riva di carne,
E ilmiosorriso estraneo sospende il mio orecchio,
come alla vuota conchiglia un murmure di mare,
Il dubbio −sul ciglio di un’estrema meraviglia,
Se sono, se fui, se dormo o son desto.
PAUL VALÉRY, TR. MASSIMO CESCON
venerdì 21 novembre 2008
Sfacimento che molle il fogliame oscura,
dimora nel bosco il suo vasto silenzio
Un borgo sembra quasi spettralmente chinarsi.
Della sorella la bocca sussurra in neri rami
Il solitario prato scivolerà via,
forse un pastore per sentieri oscuri.
Una fiera esce lieve dalle arcate degli alberi,
mentre cigli si dinnanzi al Divino.
L’azzuro fiume scorre dolcemente,
nuvole si mostrano a sera;
anche l’anima in silenzio angelico.
Tramontano immagini passeggere.
GEORGE TRAKL
dimora nel bosco il suo vasto silenzio
Un borgo sembra quasi spettralmente chinarsi.
Della sorella la bocca sussurra in neri rami
Il solitario prato scivolerà via,
forse un pastore per sentieri oscuri.
Una fiera esce lieve dalle arcate degli alberi,
mentre cigli si dinnanzi al Divino.
L’azzuro fiume scorre dolcemente,
nuvole si mostrano a sera;
anche l’anima in silenzio angelico.
Tramontano immagini passeggere.
GEORGE TRAKL
giovedì 20 novembre 2008
mercoledì 19 novembre 2008
Gettate le ombre vostre
Su colli d’alti fianchi
Tutti voi alberi lunghi
che la bianca luna cavalca.
Lo spirito suo rabbuierebbe
Il sole a oriente
Per sempre se il mio amore
Denudasse il bianco suo seno.
O ombra che si cela
Nel cuore mio finché una visione
D’Amore tutto il resto
Nella notte fa sprofondare!...
HUG MCDIARMID, TR. PAOLO SEVERINI
Su colli d’alti fianchi
Tutti voi alberi lunghi
che la bianca luna cavalca.
Lo spirito suo rabbuierebbe
Il sole a oriente
Per sempre se il mio amore
Denudasse il bianco suo seno.
O ombra che si cela
Nel cuore mio finché una visione
D’Amore tutto il resto
Nella notte fa sprofondare!...
HUG MCDIARMID, TR. PAOLO SEVERINI
martedì 18 novembre 2008
lunedì 17 novembre 2008
Fin le cose remote
Che non ho mai raggiunto
le ho precorse col grande desiderio,
e le vedo ormai più
sotto un cielo di nebbia
soffocate di tedio.
E ancora dopo tante strade stanche
sono solo in balia della mia anima
che a tratti mi pare
voglia strapparsi via
tanto si torce e sanguina.
Dal primo giorno ardente
Che ho levato la fronte
a cercare me stesso
in nessun luogo più
ho trovato una pietra
dove posare il capo.
CESARE PAVESE
Che non ho mai raggiunto
le ho precorse col grande desiderio,
e le vedo ormai più
sotto un cielo di nebbia
soffocate di tedio.
E ancora dopo tante strade stanche
sono solo in balia della mia anima
che a tratti mi pare
voglia strapparsi via
tanto si torce e sanguina.
Dal primo giorno ardente
Che ho levato la fronte
a cercare me stesso
in nessun luogo più
ho trovato una pietra
dove posare il capo.
CESARE PAVESE
domenica 16 novembre 2008
sabato 15 novembre 2008
L’estate invecchia, madre dal sangue freddo.
Gli insetti sono pochi e scarsi
In queste dimore palustri c’è solo
da gracchiare e avvizzire.
Le mattine si dissipano in sonnolenza.
Il sole brilla tardivo
tra le canne senza midollo. Mancano le mosche.
La palude si ammala.
Il gelo lascia cadere perfino il ragno. E’ chiaro
che il gelo della pienezza
abita altrove. Il nostro popolo si assottiglia
pietosamente.
SYLVIA PLATH, TR. ANNA RAVANO
Gli insetti sono pochi e scarsi
In queste dimore palustri c’è solo
da gracchiare e avvizzire.
Le mattine si dissipano in sonnolenza.
Il sole brilla tardivo
tra le canne senza midollo. Mancano le mosche.
La palude si ammala.
Il gelo lascia cadere perfino il ragno. E’ chiaro
che il gelo della pienezza
abita altrove. Il nostro popolo si assottiglia
pietosamente.
SYLVIA PLATH, TR. ANNA RAVANO
venerdì 14 novembre 2008
giovedì 13 novembre 2008
mercoledì 12 novembre 2008
martedì 11 novembre 2008
poche foglie per volta il ciliegio
verserà sul prato e sul monte,
acquei recinti avrà la casa
e brividi e spogli mattini.
Poche dolci parvenze a me dintorno
nei risvegli puri d’autunno.
Guaito, certe le palpebre e i passi,
mi svilupperò dalla notte.
Musco e musco vorrà ritrovarmi,
moto splendido audace
m’aggirerà da lungi, oltre il tintinno
di vetri e venti ch’io lasciai fuor di casa.
Al di là dei pensieri distrutti
dall’instabile acerbo me stesso
conoscerò il rigoglio delle cose,
che s’irradiano nella mia mano:
dello scoiattolo gli stratagemmi
o l’arguto mento del bosco
o la nota rosa del cielo
nel cui riflesso bionda tu a me torni?
L’aria immagine tua pungerà il nudo cupore
e la lingua rimossa dall’essere muta
una melodia disperata dal sole.
ANDREA ZANZOTTO
verserà sul prato e sul monte,
acquei recinti avrà la casa
e brividi e spogli mattini.
Poche dolci parvenze a me dintorno
nei risvegli puri d’autunno.
Guaito, certe le palpebre e i passi,
mi svilupperò dalla notte.
Musco e musco vorrà ritrovarmi,
moto splendido audace
m’aggirerà da lungi, oltre il tintinno
di vetri e venti ch’io lasciai fuor di casa.
Al di là dei pensieri distrutti
dall’instabile acerbo me stesso
conoscerò il rigoglio delle cose,
che s’irradiano nella mia mano:
dello scoiattolo gli stratagemmi
o l’arguto mento del bosco
o la nota rosa del cielo
nel cui riflesso bionda tu a me torni?
L’aria immagine tua pungerà il nudo cupore
e la lingua rimossa dall’essere muta
una melodia disperata dal sole.
ANDREA ZANZOTTO
lunedì 10 novembre 2008
domenica 9 novembre 2008
guarda l’albero grigio. Il cielo dalle sue fibre
fluito è giù nella terra −
resta soltanto cielo raggrinzito
quando la terra ha bevuto. Spazio rapito
di pendici, si volge
il verde. I brevi istanti di libertà
salgono dentro di noi, turbinano
nel sangue delle Parche e oltre.
TOMAS TRANSTRÖMER, MARIA CRISTINA LOMBARDI
fluito è giù nella terra −
resta soltanto cielo raggrinzito
quando la terra ha bevuto. Spazio rapito
di pendici, si volge
il verde. I brevi istanti di libertà
salgono dentro di noi, turbinano
nel sangue delle Parche e oltre.
TOMAS TRANSTRÖMER, MARIA CRISTINA LOMBARDI
sabato 8 novembre 2008
venerdì 7 novembre 2008
Gemmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…
Ma secco è il pruno e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini e orti,
di foglie un cader fragile. E’ l’estate
fredda dei morti.
GIOVANNI PASCOLI
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…
Ma secco è il pruno e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini e orti,
di foglie un cader fragile. E’ l’estate
fredda dei morti.
GIOVANNI PASCOLI
giovedì 6 novembre 2008
Fanciullo, io già non ero
come altri erano, né vedevo
come gli altri vedevano. Mai
derivai da una comune fonte
le mie passioni − né mai,
da quella stessa, i miei aspri affanni.
Né il tripudio al mio cuore
destavo in accordo con altri
Tutto quel che amai, io l’amai da solo.
Allora − in quell’età − nell’alba
d’una procellosa vita − fu derivato
da ogni più oscuro abisso di bene e male
il mistero che ancora m’avvince −
dai torrenti e dalle sorgenti −
dalla rossa roccia dei monti−
dal sole che d’attorno mi ruotava
nelle sere dorate tinte autunnali −
dal balenio in cielo
che daccanto mi guizzava −
e dalla nuvola che forma assumeva
(mentre era azzurro tutto l’altro cielo)
di un dèmone alla mia vista −
EDGAR ALLAN POE, TR. TOMMASO PISANTI
come altri erano, né vedevo
come gli altri vedevano. Mai
derivai da una comune fonte
le mie passioni − né mai,
da quella stessa, i miei aspri affanni.
Né il tripudio al mio cuore
destavo in accordo con altri
Tutto quel che amai, io l’amai da solo.
Allora − in quell’età − nell’alba
d’una procellosa vita − fu derivato
da ogni più oscuro abisso di bene e male
il mistero che ancora m’avvince −
dai torrenti e dalle sorgenti −
dalla rossa roccia dei monti−
dal sole che d’attorno mi ruotava
nelle sere dorate tinte autunnali −
dal balenio in cielo
che daccanto mi guizzava −
e dalla nuvola che forma assumeva
(mentre era azzurro tutto l’altro cielo)
di un dèmone alla mia vista −
EDGAR ALLAN POE, TR. TOMMASO PISANTI
mercoledì 5 novembre 2008
Al mondo che un sogno
dall’anima il corpo
separa, la nebbia
terra e luce scinde.
Tutto è strano e vago:
non suono nel vento,
palpito nell’acqua,
colore nel suolo.
A sé fatto estraneo
sai che ora attende
l’uccello tranquillo
sull’arido ramo?
Lungi, dietro un vetro,
una luce arde
già, e rende l’ora
più indecisa. Giace
la vita e tu, solo,
non morto, non vivo,
nel cuore ne senti
il battito lento.
Per questi suburbi
sordidi, perduto
vai, come il destino
degli uomini, vano.
E nel tuo pensiero
luce adesso di fede
cerchi mentre vince
la tenebra fuori.
LUIS DE CERNUDA, TR. FRANCESCO TENTORI MONTALTO
dall’anima il corpo
separa, la nebbia
terra e luce scinde.
Tutto è strano e vago:
non suono nel vento,
palpito nell’acqua,
colore nel suolo.
A sé fatto estraneo
sai che ora attende
l’uccello tranquillo
sull’arido ramo?
Lungi, dietro un vetro,
una luce arde
già, e rende l’ora
più indecisa. Giace
la vita e tu, solo,
non morto, non vivo,
nel cuore ne senti
il battito lento.
Per questi suburbi
sordidi, perduto
vai, come il destino
degli uomini, vano.
E nel tuo pensiero
luce adesso di fede
cerchi mentre vince
la tenebra fuori.
LUIS DE CERNUDA, TR. FRANCESCO TENTORI MONTALTO
martedì 4 novembre 2008
lunedì 3 novembre 2008
domenica 2 novembre 2008
sabato 1 novembre 2008
venerdì 31 ottobre 2008
CANTO DEL LAGO
Lucide acque profonde: luna d’autunno.
I fiori a festuca flessibile, par che vogliano dirci
Qualcosa
Ahimè che li uccide la morta barchetta oscillante.
LI PO, TR. GIORGIA VALENSIN
I fiori a festuca flessibile, par che vogliano dirci
Qualcosa
Ahimè che li uccide la morta barchetta oscillante.
LI PO, TR. GIORGIA VALENSIN
giovedì 30 ottobre 2008
mercoledì 29 ottobre 2008
quando, Lidia, verrà quel nostro autunno
con l’inverno che ha in seno, riserviamo
un pensiero, non già per la futura
primavera, che è di altri,
né all’estate, di cui noi siamo morti,
ma per quello che resta di quel che passa:
il giallo attuale che le foglie vivono
e le rende diverse.
FERNANDO PESSOA/RICARDO REIS, TR. LIBERO CORSI
con l’inverno che ha in seno, riserviamo
un pensiero, non già per la futura
primavera, che è di altri,
né all’estate, di cui noi siamo morti,
ma per quello che resta di quel che passa:
il giallo attuale che le foglie vivono
e le rende diverse.
FERNANDO PESSOA/RICARDO REIS, TR. LIBERO CORSI
lunedì 27 ottobre 2008
domenica 26 ottobre 2008
sabato 25 ottobre 2008
venerdì 24 ottobre 2008
PREGHIERA
Un piccolo sole, Signore
per l’anima mia.
Signore, sono una foglia,
sono una noce,
sono un rospo spaventato,
sono un passero ferito.
Mi hanno rubato ogni nido,
ogni freccia mi ha raggiunto.
Signore, alzami, io che sono piccolo,
e rendimi felice
come i buoi dalle corna innocenti,
come i cani dagli occhi d’angelo,
come le ninfee,
come le amiche pietre.
EUGÈNE IONESCU, TR. DAVIDE ASTORI
per l’anima mia.
Signore, sono una foglia,
sono una noce,
sono un rospo spaventato,
sono un passero ferito.
Mi hanno rubato ogni nido,
ogni freccia mi ha raggiunto.
Signore, alzami, io che sono piccolo,
e rendimi felice
come i buoi dalle corna innocenti,
come i cani dagli occhi d’angelo,
come le ninfee,
come le amiche pietre.
EUGÈNE IONESCU, TR. DAVIDE ASTORI
giovedì 23 ottobre 2008
ora il vento soffia tra l’erba, finalmente,
ed io che credevo breve il cammino,
che fosse facile con lo sguardo abbracciare la vita
m’accorgo che essa è illimitata e smarrita
un labirinto dove tutti i meandri si raddoppiano,
finché ogni possibile cammino ne ha un altro simile
il suo simile, che non si trova in nessun’epoca umana,
ma forse in un soprasensibile.
Quanti giorni perdiamo!
E per ognuno uno nuovo.
E’ con questa specie di segreto
che grandi matematici possono giocare.
Ed io non voglio giocare.
LARS GUSTAFSSON, TR. GIACOMO OREGLIO
ed io che credevo breve il cammino,
che fosse facile con lo sguardo abbracciare la vita
m’accorgo che essa è illimitata e smarrita
un labirinto dove tutti i meandri si raddoppiano,
finché ogni possibile cammino ne ha un altro simile
il suo simile, che non si trova in nessun’epoca umana,
ma forse in un soprasensibile.
Quanti giorni perdiamo!
E per ognuno uno nuovo.
E’ con questa specie di segreto
che grandi matematici possono giocare.
Ed io non voglio giocare.
LARS GUSTAFSSON, TR. GIACOMO OREGLIO
mercoledì 22 ottobre 2008
IMMAGINE VERDE D'AUTUNNO
come matura lento l’autunno,
e nelle foglie scure
luccica pesante il sole.
Gli alberi stanno là
In attesa, pieni di tempo:
risplendono
dall’interno, come chiari frutti dai rami
e non c’è apertura né chiusura da nessuna parte.
GÖRAN SONNEVI, TR. HELENA SANSON ED EDOARDO ZUCCATO
e nelle foglie scure
luccica pesante il sole.
Gli alberi stanno là
In attesa, pieni di tempo:
risplendono
dall’interno, come chiari frutti dai rami
e non c’è apertura né chiusura da nessuna parte.
GÖRAN SONNEVI, TR. HELENA SANSON ED EDOARDO ZUCCATO
martedì 21 ottobre 2008
L'AUTUNNO DEL SOLITARIO
L’oscuro autunno rientra, colmo di frutti e di abbondanza,
ingiallito bollore di bui giorni estivi.
Un frutto azzurro esce da consunto involucro;
il suono degli uccelli risuona di antiche saghe.
Pigiato è il vino, il mite silenzio è colmo
di sommessa risposta e domande oscure.
E qui e là una croce sul deserto colle;
nel rosso bosco si smarrisce un gregge.
La nuvola vaga sopra lo stagno;
riposa del campagnolo il calmo gesto
lievissima sfiora l’azzurra ala della sera
un tetto di paglia secca, la terra nera.
Presto nidificano le stelle nei cigli di chi è stanco;
in fredde stanze rassegnazione quieta
e angeli escono quieti dagli azzurri
occhi degli amanti che più miti soffrono
Mormora il canneto assiso orrore assale
quando nera rugiada da salici spogli goccia.
GEORG TRAKL, TR. VERA DEGLI ALBERTI E EDUARD INNERKOFLER
ingiallito bollore di bui giorni estivi.
Un frutto azzurro esce da consunto involucro;
il suono degli uccelli risuona di antiche saghe.
Pigiato è il vino, il mite silenzio è colmo
di sommessa risposta e domande oscure.
E qui e là una croce sul deserto colle;
nel rosso bosco si smarrisce un gregge.
La nuvola vaga sopra lo stagno;
riposa del campagnolo il calmo gesto
lievissima sfiora l’azzurra ala della sera
un tetto di paglia secca, la terra nera.
Presto nidificano le stelle nei cigli di chi è stanco;
in fredde stanze rassegnazione quieta
e angeli escono quieti dagli azzurri
occhi degli amanti che più miti soffrono
Mormora il canneto assiso orrore assale
quando nera rugiada da salici spogli goccia.
GEORG TRAKL, TR. VERA DEGLI ALBERTI E EDUARD INNERKOFLER
lunedì 20 ottobre 2008
Sboccia in voci, in sussurri,
si rompe un gluglù sommesso
di risa, di sogghigni, pedinandomi
in vicoli e viadotti
sotto barbacani e torri la notte
nella ex città di corte
morta in tutto, morta nei suoi ricordi
anche nell’infedeltà dell’arte.
Né accolgo presagio o avvisi dal passato
in lei notte di schermi
e la richiami, eppure chiusa,
chiusa nel suo corano.
MARIO LUZI
si rompe un gluglù sommesso
di risa, di sogghigni, pedinandomi
in vicoli e viadotti
sotto barbacani e torri la notte
nella ex città di corte
morta in tutto, morta nei suoi ricordi
anche nell’infedeltà dell’arte.
Né accolgo presagio o avvisi dal passato
in lei notte di schermi
e la richiami, eppure chiusa,
chiusa nel suo corano.
MARIO LUZI
domenica 19 ottobre 2008
sabato 18 ottobre 2008
venerdì 17 ottobre 2008
giovedì 16 ottobre 2008
mercoledì 15 ottobre 2008
lungi dal proprio ramo,
povera foglia frale,
ove vai tu? Dal faggio,
là ov’io nacqui mi di divise il vento.
Esso, tornando a volo,
dal bosco alla campagna,
dalla valle mi porta alla montagna.
Seco perpetuamente
vo pellegrina e tutto l’altro ignoro.
Vo dove ogni altra cosa,
dove naturalmente
va la foglia di rosa,
e la foglia d’alloro.
GIACOMO LEOPARDI
povera foglia frale,
ove vai tu? Dal faggio,
là ov’io nacqui mi di divise il vento.
Esso, tornando a volo,
dal bosco alla campagna,
dalla valle mi porta alla montagna.
Seco perpetuamente
vo pellegrina e tutto l’altro ignoro.
Vo dove ogni altra cosa,
dove naturalmente
va la foglia di rosa,
e la foglia d’alloro.
GIACOMO LEOPARDI
martedì 14 ottobre 2008
lunedì 13 ottobre 2008
domenica 12 ottobre 2008
Dopo il tramonto del sole, tutto riposa.
Torno a casa e chiudo la porta.
Il canto dei grilli si fa più debole;
erbe e piante perdono i loro colori.
Nella lunga notte accendo l’incenso;
col freddo, raddoppio gli abiti.
Amici della Via, siate diligenti,
il tempo passa velocemente.
DAIGŪ RYOKAN, TR. VINCENZO SOLETTA
Torno a casa e chiudo la porta.
Il canto dei grilli si fa più debole;
erbe e piante perdono i loro colori.
Nella lunga notte accendo l’incenso;
col freddo, raddoppio gli abiti.
Amici della Via, siate diligenti,
il tempo passa velocemente.
DAIGŪ RYOKAN, TR. VINCENZO SOLETTA
sabato 11 ottobre 2008
O dolce quieta mattina d’ottobre
Sono pronto a cadere le tue foglie
il vento di domani se sarà
Forte, tutte le sperderà.
Sopra la selva richiamo dei corvi;
Forse domani se n’andranno a schiera.
O dolce quieta mattina d’ottobre,
Lente inizia le ore di questo giorno.
Fa’ che il giorno ci sembri meno breve.
Noi cuori non avversi all’illusione,
Illudi nel modo che sai.
Stacca una foglia all’aprirsi del giorno;
a mezzodì stacca un’altra fogla;
una dai nostri alberi, una da molto lontano.
Attenda il sole con la nebbia gentile,
Incanta la terra sul tuo ametista.
Oh, lentamente
Per amore di quelle vigne non foss’altro,
le cui foglie già sono strinate dal gelo,
I cui grappoli andranno altrimenti perduti
per amore di quella vigna lungo il mare.
ROBERT FROST, GIOVANNI GIUDICI
Sono pronto a cadere le tue foglie
il vento di domani se sarà
Forte, tutte le sperderà.
Sopra la selva richiamo dei corvi;
Forse domani se n’andranno a schiera.
O dolce quieta mattina d’ottobre,
Lente inizia le ore di questo giorno.
Fa’ che il giorno ci sembri meno breve.
Noi cuori non avversi all’illusione,
Illudi nel modo che sai.
Stacca una foglia all’aprirsi del giorno;
a mezzodì stacca un’altra fogla;
una dai nostri alberi, una da molto lontano.
Attenda il sole con la nebbia gentile,
Incanta la terra sul tuo ametista.
Oh, lentamente
Per amore di quelle vigne non foss’altro,
le cui foglie già sono strinate dal gelo,
I cui grappoli andranno altrimenti perduti
per amore di quella vigna lungo il mare.
ROBERT FROST, GIOVANNI GIUDICI
giovedì 9 ottobre 2008
mercoledì 8 ottobre 2008
martedì 7 ottobre 2008
DUPLICE AUTUNNO
Scivolato nell’acqua liscia
rive boschi dai capelli rossi
spuntano dalle nuvole
giorni come carte da gioco
raddoppiata scorre una barca
pescatori pescano se stessi.
CRISTOPHER WILHEM AIGNER, tr. luigi reitani
rive boschi dai capelli rossi
spuntano dalle nuvole
giorni come carte da gioco
raddoppiata scorre una barca
pescatori pescano se stessi.
CRISTOPHER WILHEM AIGNER, tr. luigi reitani
lunedì 6 ottobre 2008
Non so dove porti la strada bianca
su cui scivola silenzioso il guscio di luce,
né se dai cespugli del dirupo è un pianto
che tenta il vento gracile del mio canto:
io non so se è questa la notte
che schiude la soglia
d’un ignoto mondo lontano,
né se da questa fioca voce
è un sonno che si perde nell’immensità.
FRANCO SCATAGLINI
su cui scivola silenzioso il guscio di luce,
né se dai cespugli del dirupo è un pianto
che tenta il vento gracile del mio canto:
io non so se è questa la notte
che schiude la soglia
d’un ignoto mondo lontano,
né se da questa fioca voce
è un sonno che si perde nell’immensità.
FRANCO SCATAGLINI
domenica 5 ottobre 2008
L'UCCELLINO D'AMBRA
Autunno
uccellino d’ambra
trasparente
di ramo in ramo
porta una goccia d’oro.
Autunno
uccellino di rubino
luminoso
di ramo in ramo
porta una goccia di sangue.
Autunno
uccellino di lapislazzuli
muore
di ramo in ramo
cade una goccia di pioggia.
TADEUS RODŽEVICZ, tr. carlo verdiani
uccellino d’ambra
trasparente
di ramo in ramo
porta una goccia d’oro.
Autunno
uccellino di rubino
luminoso
di ramo in ramo
porta una goccia di sangue.
Autunno
uccellino di lapislazzuli
muore
di ramo in ramo
cade una goccia di pioggia.
TADEUS RODŽEVICZ, tr. carlo verdiani
sabato 4 ottobre 2008
Poi che l’autunno con la prima
pioggia ci stupì d’attorno
e tornano gli adorni giocolieri
sui carri variopinti,
l’estrosa fatica che eleva
un tremolio d’autunno in preda
alle foglie rapisce una spera
di sere iridescenti
in una ghiaia tramortita
Ma la terra continua con lunga
Curva l’oscura litania
in umidi paesi pura
crolla una voce stanza a stanza
s’eleva un fantasma che non nuoce…
E’ così: i lumi girovaghi
In stracci cavalcano
gli assiti logori: che brivido
li corre!lunghe vene acquee
e il sole delle spalle le rasciuga;
avremo una mattina.
CAMILLO BETOCCHI
pioggia ci stupì d’attorno
e tornano gli adorni giocolieri
sui carri variopinti,
l’estrosa fatica che eleva
un tremolio d’autunno in preda
alle foglie rapisce una spera
di sere iridescenti
in una ghiaia tramortita
Ma la terra continua con lunga
Curva l’oscura litania
in umidi paesi pura
crolla una voce stanza a stanza
s’eleva un fantasma che non nuoce…
E’ così: i lumi girovaghi
In stracci cavalcano
gli assiti logori: che brivido
li corre!lunghe vene acquee
e il sole delle spalle le rasciuga;
avremo una mattina.
CAMILLO BETOCCHI
venerdì 3 ottobre 2008
Forse un giorno si dimostrerà
Che quest’autunno
Era la primavera d’un altro autunno.
Così scorrono le stagioni
l’una nel cuore dell’altra
Una pezza di tessuto uno stesso luogo
Il tempo indeterminato che si determina
Solo nel futuro
Che fuma spensierato
E già riattizza fuochi insonni
Del suo inferno.
Coscienza del mio tempo.
Scuote i palazzi di secoli −
Ferri e pietre.
ANTONIS FOSTIERIS, TR. NICOLA CROCETTI
Che quest’autunno
Era la primavera d’un altro autunno.
Così scorrono le stagioni
l’una nel cuore dell’altra
Una pezza di tessuto uno stesso luogo
Il tempo indeterminato che si determina
Solo nel futuro
Che fuma spensierato
E già riattizza fuochi insonni
Del suo inferno.
Coscienza del mio tempo.
Scuote i palazzi di secoli −
Ferri e pietre.
ANTONIS FOSTIERIS, TR. NICOLA CROCETTI
giovedì 2 ottobre 2008
Malinconico tempo! incanto degli occhi!
Mi è grata la tua bellezza di commiato.
Amo il fastoso appassimento della natura,
I boschi vestito di porpora e d’oro
Nei loro ripari il rombo e il fresco spirare del gelo,
E il cielo coperto d’agitato valore;
E il raro raggio del sole, ed i vicini venti,
E le lontane minacce del canuto inverno.
ALEXANDR SERGEVIČ PUŠKIN, TR. GIOVANNI GIUDICI
Mi è grata la tua bellezza di commiato.
Amo il fastoso appassimento della natura,
I boschi vestito di porpora e d’oro
Nei loro ripari il rombo e il fresco spirare del gelo,
E il cielo coperto d’agitato valore;
E il raro raggio del sole, ed i vicini venti,
E le lontane minacce del canuto inverno.
ALEXANDR SERGEVIČ PUŠKIN, TR. GIOVANNI GIUDICI
mercoledì 1 ottobre 2008
martedì 30 settembre 2008
lunedì 29 settembre 2008
Aspetti dai morti il consenso, la pietra che chiude la storia.
E nulla forse ha più senso, è solo un canto che torna
la prima stretta del gelo. Il torto che opprime
è l’ansia d’avere ragione, e tu non l’avesti, perdevi.
Torni per l’alba di San Vittore,
torni a quel cielo che è solo il cielo.
Non hai che te− puoi dirlo − e la notizia di essere un uomo.
Per ogni ferita che piano si chiude al suo stesso sigillo,
uno sguardo tranquillo. E con pudore la mano
s’apre sul marmo, ha le vene, le vene di tutte le pene.
ALFONSO GATTO
E nulla forse ha più senso, è solo un canto che torna
la prima stretta del gelo. Il torto che opprime
è l’ansia d’avere ragione, e tu non l’avesti, perdevi.
Torni per l’alba di San Vittore,
torni a quel cielo che è solo il cielo.
Non hai che te− puoi dirlo − e la notizia di essere un uomo.
Per ogni ferita che piano si chiude al suo stesso sigillo,
uno sguardo tranquillo. E con pudore la mano
s’apre sul marmo, ha le vene, le vene di tutte le pene.
ALFONSO GATTO
domenica 28 settembre 2008
sabato 27 settembre 2008
venerdì 26 settembre 2008
Autunno piove verde come un tempo
Sopra gli antichi marmi,
con tenue arena, dischiudendo sogni,
e il corpo s’abbandona.
Le forme trasparenti per la valle,
estasi nelle fontane,
mentre giù nello spazio impallidito
brillano azzurre ali.
S’alza dietro le voci fresche il disco
Vergine della morte.
Nulla pesa, perduto o guadagnato.
Va languido il ricordo.
Verità tutto, meno l’odio, gelido
come le grigie nubi
invano trascorrenti sopra l’oro,
fatte ombra iraconda.
LUIS CERNUDA, TR. FRANCESCO TENTORI MONTALTO
Sopra gli antichi marmi,
con tenue arena, dischiudendo sogni,
e il corpo s’abbandona.
Le forme trasparenti per la valle,
estasi nelle fontane,
mentre giù nello spazio impallidito
brillano azzurre ali.
S’alza dietro le voci fresche il disco
Vergine della morte.
Nulla pesa, perduto o guadagnato.
Va languido il ricordo.
Verità tutto, meno l’odio, gelido
come le grigie nubi
invano trascorrenti sopra l’oro,
fatte ombra iraconda.
LUIS CERNUDA, TR. FRANCESCO TENTORI MONTALTO
giovedì 25 settembre 2008
La mia luna è in un maestoso zènit.
Mi inebrierò di libertà notturna
E là mi avvolgerò in argentei fili,
in eccesso di felicità.
Muovendo incontro a un’ardente abulía
A a nient’altro che all’Alba futura,
annuisce all’azzurra largura
e mi tuffo nello scuro argento!...
Sulla piazza afosa dell’afosa capitale
uomini ciechi cinguettano:
− Che c’è sopra la terra? Un pallone.
− Che c’è sotto la luna? Un aerostato.
Ed io per il deserto inargentato
corro bruciando dal delirio, nelle
pieghe d’una pianeta azzurra
ho nascosto la mia Diletta Stella.
ALEXANDER BLOK, TR. ANGELO MARIA RIPELLINO
Mi inebrierò di libertà notturna
E là mi avvolgerò in argentei fili,
in eccesso di felicità.
Muovendo incontro a un’ardente abulía
A a nient’altro che all’Alba futura,
annuisce all’azzurra largura
e mi tuffo nello scuro argento!...
Sulla piazza afosa dell’afosa capitale
uomini ciechi cinguettano:
− Che c’è sopra la terra? Un pallone.
− Che c’è sotto la luna? Un aerostato.
Ed io per il deserto inargentato
corro bruciando dal delirio, nelle
pieghe d’una pianeta azzurra
ho nascosto la mia Diletta Stella.
ALEXANDER BLOK, TR. ANGELO MARIA RIPELLINO
mercoledì 24 settembre 2008
martedì 23 settembre 2008
“Autunno” è il suo nome
Ha il colore del sangue:
arteria sopra il colle,
vena lungo la via
globuli nei viali,
variegato diluvio
quando i venti sconvolgono la vasca
versando pioggia scarlatta
spruzza cuffie lontane,
forma pozze rossastre,
poi fugge via come una rosa e sola
mi lascia con i monti.
EMILY DICKINSON, MARGHERITA GUIDACCI
Ha il colore del sangue:
arteria sopra il colle,
vena lungo la via
globuli nei viali,
variegato diluvio
quando i venti sconvolgono la vasca
versando pioggia scarlatta
spruzza cuffie lontane,
forma pozze rossastre,
poi fugge via come una rosa e sola
mi lascia con i monti.
EMILY DICKINSON, MARGHERITA GUIDACCI
lunedì 22 settembre 2008
Una campana sprofonda nel suo suono quando è serale
forse una supplica e insieme un allarme tornato a mente
se resta qualche momento incompresa nella memoria
i sordi li vedi a schiera venuti a scutare la luna
un rintocco si solleva dal deposito dell’oblio
la campana chiama un altrove non celebra il suo profitto
dentro la scatola vuota del tuo suono non c’è accortezza
se il destino è un abbandono, la campana chiede abbandono.
?
forse una supplica e insieme un allarme tornato a mente
se resta qualche momento incompresa nella memoria
i sordi li vedi a schiera venuti a scutare la luna
un rintocco si solleva dal deposito dell’oblio
la campana chiama un altrove non celebra il suo profitto
dentro la scatola vuota del tuo suono non c’è accortezza
se il destino è un abbandono, la campana chiede abbandono.
?
domenica 21 settembre 2008
GIORNO CHE CHIUDE L'ESTATE
Giorno che chiude l’estate,
cuore, cui toccò il segno:
mandate sono le fiamme,
finiti i flutti e il gioco.
Le immagini si spengono,
si sottraggono al tempo,
un’acqua ancora le specchia,
ma anche quest’acqua è lontana.
Hai provato una battaglia,
ne senti gli assalti,le fughe,
nel mentre le torme, le schiere,
gli eserciti se ne vanno.
Prose e uomini d’urne,
frecce e fiamme lontane − :
calano i segni, i vessilli −:
irreparabilmente.
GOTTFRIED BENN, TR. GIULIANO BAIONI
cuore, cui toccò il segno:
mandate sono le fiamme,
finiti i flutti e il gioco.
Le immagini si spengono,
si sottraggono al tempo,
un’acqua ancora le specchia,
ma anche quest’acqua è lontana.
Hai provato una battaglia,
ne senti gli assalti,le fughe,
nel mentre le torme, le schiere,
gli eserciti se ne vanno.
Prose e uomini d’urne,
frecce e fiamme lontane − :
calano i segni, i vessilli −:
irreparabilmente.
GOTTFRIED BENN, TR. GIULIANO BAIONI
sabato 20 settembre 2008
giovedì 18 settembre 2008
Settanta torrenti
scaturiti fra settanta colline
un ruscello
sorgenti sotterranee
l’acqua piovana
rimbombando il furore degli incendi
gridano al cielo
che una progenie di dèi impazziti
è libera di creare e distruggere ad arbitrio
perché una volta chiocciando per la pace
ha trovato acque stagnanti
e intorno ci vivono uomini.
GYULA ILLYÉS, TR. UMBERTO ALBINI
scaturiti fra settanta colline
un ruscello
sorgenti sotterranee
l’acqua piovana
rimbombando il furore degli incendi
gridano al cielo
che una progenie di dèi impazziti
è libera di creare e distruggere ad arbitrio
perché una volta chiocciando per la pace
ha trovato acque stagnanti
e intorno ci vivono uomini.
GYULA ILLYÉS, TR. UMBERTO ALBINI
mercoledì 17 settembre 2008
E’ più bello quando scende la sera.
Tutto l’amore che il cielo abbraccia
è raccolto in un’ombra di luce
sulla terra,
sulle case della terra.
Tutto è dolcezza, tutto è carezza di mani,
e remote rive occulta il Signore.
Tutto è vicino, tutto è lontano.
Tutto viene dato
come pegno all’uomo.
Tutto è mio, e tutto mi sarà tolto,
tra breve mi sarà tolto.
Alberi, nubi, il suolo che calpesto.
E vagherò −
Solo, senza orme.
PÄR LAGERKVIST, TR. GIACOMO OREGLIA
Tutto l’amore che il cielo abbraccia
è raccolto in un’ombra di luce
sulla terra,
sulle case della terra.
Tutto è dolcezza, tutto è carezza di mani,
e remote rive occulta il Signore.
Tutto è vicino, tutto è lontano.
Tutto viene dato
come pegno all’uomo.
Tutto è mio, e tutto mi sarà tolto,
tra breve mi sarà tolto.
Alberi, nubi, il suolo che calpesto.
E vagherò −
Solo, senza orme.
PÄR LAGERKVIST, TR. GIACOMO OREGLIA
martedì 16 settembre 2008
Sì ricordo: chi viene dalla notte
ha il suo segno di luce, vivo o spento,
cerchio ovale o losanga, e il suo lamento
o il suo silenzio, nelle appena rotte
tenebre della strada, ma non sento
se era a dinamo o a pila la tua spora,
anima, quando non essendo ancora
mi sfioravi nel buio come un vento.
GIOVANNI RABONI
ha il suo segno di luce, vivo o spento,
cerchio ovale o losanga, e il suo lamento
o il suo silenzio, nelle appena rotte
tenebre della strada, ma non sento
se era a dinamo o a pila la tua spora,
anima, quando non essendo ancora
mi sfioravi nel buio come un vento.
GIOVANNI RABONI
lunedì 15 settembre 2008
domenica 14 settembre 2008
sabato 13 settembre 2008
venerdì 12 settembre 2008
Brevi sono le forme
che il caos inquieto produce.
La vita è fiamma vinta.
Ogni cosa è costretta
In uno spazio imperioso.
Ascese immani s’appuntano
al vertice di un’ora
per ricadere dolorosamente
in una perduta impotenza.
Se poi ci si rialzerà,
non è certo.
A volte il destino divaga.
Attese di anni non bastano
A dar tempo di giungere a un momento.
E noi stringiamo la grazia
Come una mano che si ritira.
VINCENZO CARDARELLI
che il caos inquieto produce.
La vita è fiamma vinta.
Ogni cosa è costretta
In uno spazio imperioso.
Ascese immani s’appuntano
al vertice di un’ora
per ricadere dolorosamente
in una perduta impotenza.
Se poi ci si rialzerà,
non è certo.
A volte il destino divaga.
Attese di anni non bastano
A dar tempo di giungere a un momento.
E noi stringiamo la grazia
Come una mano che si ritira.
VINCENZO CARDARELLI
giovedì 11 settembre 2008
mercoledì 10 settembre 2008
Il vento posa, i fiori si ammucchiano
oltre le tende, masse rosate, cumuli nivali.
Perdura il ricordo del tempo dei meli fioriti
ora che la primavera si consuma.
Il vino agli sgoccioli, i canti alla fine, le coppe di giada
[vuotate
la fiamma vacilla ora opaca ora chiara
l’uomo anche nel sogno non sopporta l’angoscia
mentre incombe lo strido dell’avèrla.
LI QINGZHAO, TR. ANNA BUJATTI
oltre le tende, masse rosate, cumuli nivali.
Perdura il ricordo del tempo dei meli fioriti
ora che la primavera si consuma.
Il vino agli sgoccioli, i canti alla fine, le coppe di giada
[vuotate
la fiamma vacilla ora opaca ora chiara
l’uomo anche nel sogno non sopporta l’angoscia
mentre incombe lo strido dell’avèrla.
LI QINGZHAO, TR. ANNA BUJATTI
martedì 9 settembre 2008
lunedì 8 settembre 2008
Solo esiste davvero chi dialoga
e faccia a faccia con la grande ansia,
andando con le cose universe,
strappa voci, lettere
che con dura pietra negarono.
E’ solamente chi lacerò la luce
e le vide il tremendo volto dorato,
vide l’osso del mattino,
la polvere stretta all’albero,
la bruciatura a chi ride.
Mi pesa come ferro finale
poiché è, questi di vista vera,
che scorge le grucce dell’aria,
il delicato falco della sera
che cade nell’oscura preda.
ROBERTO FERNANDEZ RETAMAR, TR. GIUSEPPE BELLINI
e faccia a faccia con la grande ansia,
andando con le cose universe,
strappa voci, lettere
che con dura pietra negarono.
E’ solamente chi lacerò la luce
e le vide il tremendo volto dorato,
vide l’osso del mattino,
la polvere stretta all’albero,
la bruciatura a chi ride.
Mi pesa come ferro finale
poiché è, questi di vista vera,
che scorge le grucce dell’aria,
il delicato falco della sera
che cade nell’oscura preda.
ROBERTO FERNANDEZ RETAMAR, TR. GIUSEPPE BELLINI
domenica 7 settembre 2008
sabato 6 settembre 2008
venerdì 5 settembre 2008
giovedì 4 settembre 2008
mercoledì 3 settembre 2008
martedì 2 settembre 2008
SEMELE
Semele, Semele,
chi t’indusse, o cara
a mirare il volto dell’amato?
Non ci si accosta alle divinità,
se non per invocarle.
Semele, Semele,
il tuo amato avanzerà splendente
tra sibilanti folgori,
la tua corona nuziale divenne corona di martirio; ora ardi tu nel suo fuoco-
AUGUST STRINDBERG, TR. GIACOMO OREGLIA
chi t’indusse, o cara
a mirare il volto dell’amato?
Non ci si accosta alle divinità,
se non per invocarle.
Semele, Semele,
il tuo amato avanzerà splendente
tra sibilanti folgori,
la tua corona nuziale divenne corona di martirio; ora ardi tu nel suo fuoco-
AUGUST STRINDBERG, TR. GIACOMO OREGLIA
lunedì 1 settembre 2008
domenica 31 agosto 2008
Quella notte d’estate,frinita di grilli
la luna interloquì disapparendo
tra le nubi costiere e subitanea
depose un’ombra nera dall’orto fino a noi.
Nella pozza del buio la tua parola
si ruppe e naufragò come una barca di carta
colto dal sasso d’un monito insensato
mai più a lungo serrasti le mie dita.
LUCIO MARIANI
la luna interloquì disapparendo
tra le nubi costiere e subitanea
depose un’ombra nera dall’orto fino a noi.
Nella pozza del buio la tua parola
si ruppe e naufragò come una barca di carta
colto dal sasso d’un monito insensato
mai più a lungo serrasti le mie dita.
LUCIO MARIANI
sabato 30 agosto 2008
venerdì 29 agosto 2008
Sugli alti rami degli alberi frondosi
il vento fa un rumore freddo e alto.
In questa selva perso, in questo suono,
medito solitario.
Così nel mondo, in cima a quel che sento,
un vento fa la vita, e lascia e prende,
e nulla ha senso: nemmeno l’anima
con cui penso dentro.
FERNANDO PESSOA/RICARDO REIS, TR. LIBERO CORSI
il vento fa un rumore freddo e alto.
In questa selva perso, in questo suono,
medito solitario.
Così nel mondo, in cima a quel che sento,
un vento fa la vita, e lascia e prende,
e nulla ha senso: nemmeno l’anima
con cui penso dentro.
FERNANDO PESSOA/RICARDO REIS, TR. LIBERO CORSI
giovedì 28 agosto 2008
mercoledì 27 agosto 2008
martedì 26 agosto 2008
Andiamo sognando sulla terra;
voglio vederla illuminata.
Siamo semi che nel vento
porta la morte angosciata.
Baciamo bocche trasparenti;
baci di bocche e d’alba;
ma mai la luce ci cresce
fino a toccarci tutta l’anima.
Siamo ricordo di materia.
Il sole viene ormai a illuminarla.
Il sole che cresce nel mio petto
ci lascerà nel nulla.
Nulla è la tua bocca nel vento
chiaro. Nulla la tua voce, il volto.
Siamo pezzi di pianeta
su cui la luce spezza le sue ali.
ANTONIS FPOSTIERIS, TR. NICOLA CROCETTI
voglio vederla illuminata.
Siamo semi che nel vento
porta la morte angosciata.
Baciamo bocche trasparenti;
baci di bocche e d’alba;
ma mai la luce ci cresce
fino a toccarci tutta l’anima.
Siamo ricordo di materia.
Il sole viene ormai a illuminarla.
Il sole che cresce nel mio petto
ci lascerà nel nulla.
Nulla è la tua bocca nel vento
chiaro. Nulla la tua voce, il volto.
Siamo pezzi di pianeta
su cui la luce spezza le sue ali.
ANTONIS FPOSTIERIS, TR. NICOLA CROCETTI
lunedì 25 agosto 2008
L’angoscia, l’angoscia è la mia eredità,
la mia ferita alla gola,
il grido del mio cuore nel mondo.
Ora si rapprende la schiuma delle nubi
nella ruvida mano della notte
ora s’alzano selve
e rigide alture
così aride verso la contratta
volta del cielo.
Come tutto è aspro,
come tutto è petrificato, nero e immoto!
Io avanzo in questo spazio oscuro,
sento l’orlo tagliente delle rocce sotto le mie dita,
lacero le mie mani doloranti
contro il monte e la tenebrosa selva,
contro il nero metallo del cielo
e contro la fredda terra!
L’angoscia, l’angoscia è la mia eredità,
la mia ferita alla gola,
il grido del mio cuore nel mondo.
PÄR LAGERKVIST, TR. GIACOMO OREGLIO
la mia ferita alla gola,
il grido del mio cuore nel mondo.
Ora si rapprende la schiuma delle nubi
nella ruvida mano della notte
ora s’alzano selve
e rigide alture
così aride verso la contratta
volta del cielo.
Come tutto è aspro,
come tutto è petrificato, nero e immoto!
Io avanzo in questo spazio oscuro,
sento l’orlo tagliente delle rocce sotto le mie dita,
lacero le mie mani doloranti
contro il monte e la tenebrosa selva,
contro il nero metallo del cielo
e contro la fredda terra!
L’angoscia, l’angoscia è la mia eredità,
la mia ferita alla gola,
il grido del mio cuore nel mondo.
PÄR LAGERKVIST, TR. GIACOMO OREGLIO
domenica 24 agosto 2008
SCUOTI A LUNGO
Scuoti a lungo
le piume sotto la mia pelle
dai alla luce lentamente
tra le gambe l’Orsa minore.
E poi tanto, tanto tempo,
quanto i sentieri si sono frammentati,
agitati nell’aria, una frana,
il tuo terreno mi scruta
ancora con i suoi occhi di pirite.
MERJA VIROLAINEN, TR. ANTONIO PARENTE
le piume sotto la mia pelle
dai alla luce lentamente
tra le gambe l’Orsa minore.
E poi tanto, tanto tempo,
quanto i sentieri si sono frammentati,
agitati nell’aria, una frana,
il tuo terreno mi scruta
ancora con i suoi occhi di pirite.
MERJA VIROLAINEN, TR. ANTONIO PARENTE
sabato 23 agosto 2008
venerdì 22 agosto 2008
Le montagne si disfano,
il giorno si è smarrito;
ritorna il sole alla sua fucina:
L’orto si va cancellando,
la fattoria è sommersa
e la mia cordigliera
affonda la sua cima e il vivo grido.
Scivolano le creature
Oblique verso l’oblio
E anche noi ci volgiamo
Verso la notte mio bimbo.
GABRIELA MISTRAL, TR. PIERO RAIMONDI
il giorno si è smarrito;
ritorna il sole alla sua fucina:
L’orto si va cancellando,
la fattoria è sommersa
e la mia cordigliera
affonda la sua cima e il vivo grido.
Scivolano le creature
Oblique verso l’oblio
E anche noi ci volgiamo
Verso la notte mio bimbo.
GABRIELA MISTRAL, TR. PIERO RAIMONDI
giovedì 21 agosto 2008
C’è un universo che batte
nelle ali d’un uccello
ogni volta ad ogni volo
porta via un pezzo di cielo.
Tre frontiere si dilatano
in confini
allo spuntar del giorno
ogni mattina:
cenere e scrittura di cenere
nel silenzio della pietra di gelo
e lunghe tracce prolungano
un sogno di alte fiamme e braci
lo sguardo teso lontano
così giocando tragici
col pineta.
LEONARDO MANCINO
nelle ali d’un uccello
ogni volta ad ogni volo
porta via un pezzo di cielo.
Tre frontiere si dilatano
in confini
allo spuntar del giorno
ogni mattina:
cenere e scrittura di cenere
nel silenzio della pietra di gelo
e lunghe tracce prolungano
un sogno di alte fiamme e braci
lo sguardo teso lontano
così giocando tragici
col pineta.
LEONARDO MANCINO
mercoledì 20 agosto 2008
martedì 19 agosto 2008
lunedì 18 agosto 2008
Torna stasera l’ombra mia
remota nel fuoco dei falò
si accosta lieve con l’ali ai calcagni.
Il fanciullo ha battuto il tamburo
E una vampata m’investe dalla breccia
delle mura (nessuno più
ti scaccia dal tuo regno
di selci dissestate che tu smuovi)
A una a una le sere
Che il vento si lagna
lungamente ala luna.
LEONARDO SINISGALLI
remota nel fuoco dei falò
si accosta lieve con l’ali ai calcagni.
Il fanciullo ha battuto il tamburo
E una vampata m’investe dalla breccia
delle mura (nessuno più
ti scaccia dal tuo regno
di selci dissestate che tu smuovi)
A una a una le sere
Che il vento si lagna
lungamente ala luna.
LEONARDO SINISGALLI
domenica 17 agosto 2008
Irrompono negli orecchi, fissi,
dai nuovi campi dell’Aniene, i vecchi
grilli, e mi gridano in silenzio
la mia inascoltata solitudine.
Scomparso dentro questa vecchia
calma campestre che non è la mia
rimango, e sotto i lontani posti
dei lumi dei sobborghi, i grilli
con la malinconia il rimorso
e con la malinconia il terrore.
PIER PAOLO PASOLINI
dai nuovi campi dell’Aniene, i vecchi
grilli, e mi gridano in silenzio
la mia inascoltata solitudine.
Scomparso dentro questa vecchia
calma campestre che non è la mia
rimango, e sotto i lontani posti
dei lumi dei sobborghi, i grilli
con la malinconia il rimorso
e con la malinconia il terrore.
PIER PAOLO PASOLINI
sabato 16 agosto 2008
venerdì 15 agosto 2008
giovedì 14 agosto 2008
Era un principio vertiginoso, lo ricordo.
Ritornai, dal punto ove ritornai, e lessi
Il tempo nello scuro fondo di caffè:
ero svanito da me stesso,
a me stesso sarei ritornato −
ma giusto nel mezzo
sangue spada in una mano
rose nell’altra e sorriso
nell’altra piuma d’oca
il nodo nell’altra che mi sigillava la gola:
stavo nella statua da me tratta.
ENIS BATUR, IŞIL SAATÇIOĞLU
Ritornai, dal punto ove ritornai, e lessi
Il tempo nello scuro fondo di caffè:
ero svanito da me stesso,
a me stesso sarei ritornato −
ma giusto nel mezzo
sangue spada in una mano
rose nell’altra e sorriso
nell’altra piuma d’oca
il nodo nell’altra che mi sigillava la gola:
stavo nella statua da me tratta.
ENIS BATUR, IŞIL SAATÇIOĞLU
mercoledì 13 agosto 2008
martedì 12 agosto 2008
lunedì 11 agosto 2008
domenica 10 agosto 2008
SULL'ARIA DI "OFFERTA D'INCENSO"
Stridono i grilli tra l’erba
Con un brivido si spoglia la sterculia
Tra gli uomini e nel cielo intensa la tristezza.
Nuvole e luna alte sulla terrazza
Porte chiuse serrate.
Zattere per il mare vengono,
per il mare vanno
e non s’incontrano.
LI QINGZHAO, TR. ANNA BUJATTI
Con un brivido si spoglia la sterculia
Tra gli uomini e nel cielo intensa la tristezza.
Nuvole e luna alte sulla terrazza
Porte chiuse serrate.
Zattere per il mare vengono,
per il mare vanno
e non s’incontrano.
LI QINGZHAO, TR. ANNA BUJATTI
sabato 9 agosto 2008
I ricordi cominciano nella sera
Sotto il fiato del vento a levare il volto
E ascoltare la voce del fiume. L’acqua
è la stessa, nel buio, degli anni morti.
Nel silenzio del buio sale uno sciacquo
Dove passano voci e risa remote;
s’accompagna al brusío un colore vano
che è di sole di rive e di sguardi chiari.
Un’estate di voci. Ogni viso contiene
come un frutto maturo un sapore andato.
Ogni occhiata che torna conserva un gusto
Di erba e cose impregnate di sole a sera.
sulla spiaggia. Conservo un fiato di mare.
Come un mare notturno è quest’ombra vaga.
Di ansie e brividi antichi che il cielo sfiora.
e ogni sera ritorna. Le voci morte
assomigliano al frangersi di quel mare.
CESARE PAVESE
Sotto il fiato del vento a levare il volto
E ascoltare la voce del fiume. L’acqua
è la stessa, nel buio, degli anni morti.
Nel silenzio del buio sale uno sciacquo
Dove passano voci e risa remote;
s’accompagna al brusío un colore vano
che è di sole di rive e di sguardi chiari.
Un’estate di voci. Ogni viso contiene
come un frutto maturo un sapore andato.
Ogni occhiata che torna conserva un gusto
Di erba e cose impregnate di sole a sera.
sulla spiaggia. Conservo un fiato di mare.
Come un mare notturno è quest’ombra vaga.
Di ansie e brividi antichi che il cielo sfiora.
e ogni sera ritorna. Le voci morte
assomigliano al frangersi di quel mare.
CESARE PAVESE
venerdì 8 agosto 2008
Si può ancora vedere la stagione,
i campi estivi in luce ed in mitezza,
il loro verde splendido e diffuso,
ovunque il rivolo scivoli sulle onde.
Così tra monte e valle passa il giorno
radioso, inarrestabile; le nuvole
passano nella pace di alti spazi;
l’anno pare esitare di splendore.
FREDRICH HÖRDERLIN, TR. ENZO MANDRUZZATO
i campi estivi in luce ed in mitezza,
il loro verde splendido e diffuso,
ovunque il rivolo scivoli sulle onde.
Così tra monte e valle passa il giorno
radioso, inarrestabile; le nuvole
passano nella pace di alti spazi;
l’anno pare esitare di splendore.
FREDRICH HÖRDERLIN, TR. ENZO MANDRUZZATO
giovedì 7 agosto 2008
mercoledì 6 agosto 2008
06.08.2004 Secondo Rito
Vivendo ritirato di là dal mondo
Godendomi in silenzio l’isolamento,
Stringo di più la corda della mia porta,
Tappo la mia finestra con bulbi e felci.
L’animo mio s’intona alla primavera,
Al finire dell’anno ho l’autunno in cuore.
Così, copiando i mutamenti cosmici
La mia casa diventa un Universo.
LU YUN, TR. GIORGIA VALENSIN
Vivendo ritirato di là dal mondo
Godendomi in silenzio l’isolamento,
Stringo di più la corda della mia porta,
Tappo la mia finestra con bulbi e felci.
L’animo mio s’intona alla primavera,
Al finire dell’anno ho l’autunno in cuore.
Così, copiando i mutamenti cosmici
La mia casa diventa un Universo.
LU YUN, TR. GIORGIA VALENSIN
martedì 5 agosto 2008
lunedì 4 agosto 2008
domenica 3 agosto 2008
IL GRILLO DEL FOCOLAR
Grillo del focolar
La tua lima assopita lamenta
Grillo del focolar
Che la mia cappa è spenta
Grillo del focolare
Rodi in fretta il tuo grigio dolore
Grillo del focolar
Ch’è vicin nuovo ardore.
CLEMENTE RÈBORA
La tua lima assopita lamenta
Grillo del focolar
Che la mia cappa è spenta
Grillo del focolare
Rodi in fretta il tuo grigio dolore
Grillo del focolar
Ch’è vicin nuovo ardore.
CLEMENTE RÈBORA
sabato 2 agosto 2008
CANZONE NOTTURNA
Dell’Immobile il respiro. Un volto d’animale
irrigidito dinanzi all’azzurro, nella sua santiità.
Possente è il silenzio nella pietra.
La maschera di un uccello notturno. Un soave triplice suono
si spegne in uno. Elai!il tuo volto
si china senza parole su acque azzurrine.
Oh, voi silenziosi specchi della verità.
Sulle tempie eburnee del solitario
appare il riflesso di angeli caduti.
GEORG TRAKL, TR. VERA DEGLI ALBERTI ED EDUARD INNERKOFLER
irrigidito dinanzi all’azzurro, nella sua santiità.
Possente è il silenzio nella pietra.
La maschera di un uccello notturno. Un soave triplice suono
si spegne in uno. Elai!il tuo volto
si china senza parole su acque azzurrine.
Oh, voi silenziosi specchi della verità.
Sulle tempie eburnee del solitario
appare il riflesso di angeli caduti.
GEORG TRAKL, TR. VERA DEGLI ALBERTI ED EDUARD INNERKOFLER
venerdì 1 agosto 2008
giovedì 31 luglio 2008
martedì 29 luglio 2008
lunedì 28 luglio 2008
domenica 27 luglio 2008
Come velo s’abbassa la sera
sulle tranquille cose
dal tranquillo luogo, ed io
sedetti su una pietra del prato.
Ora, vedrai, prenderemo la strada
e lasceremo l’aula della morte.
Ha colori diversi la sera:
sfuma il verde dei prati ad Aquileia:
in un bianco celeste a Grado
in un consolante azzurro.
ARNALDO EDERLE
sulle tranquille cose
dal tranquillo luogo, ed io
sedetti su una pietra del prato.
Ora, vedrai, prenderemo la strada
e lasceremo l’aula della morte.
Ha colori diversi la sera:
sfuma il verde dei prati ad Aquileia:
in un bianco celeste a Grado
in un consolante azzurro.
ARNALDO EDERLE
sabato 26 luglio 2008
venerdì 25 luglio 2008
giovedì 24 luglio 2008
mercoledì 23 luglio 2008
La vita non è
solo attendere invano?
Non è aspettare dolcemente qualcosa
che è troppo grande
e che mai verrà?
Il girinus nel suo volteggiare,
la giraffa col suo collo,
con le spine la rosa,
con le parole l’uomo,
Il girasole con lo stame il pistillo,
non aspettano soltanto?
KIKUO TAKANO, TR. PAOLO LAGAZZI E YASUKO MATSUMOTO
solo attendere invano?
Non è aspettare dolcemente qualcosa
che è troppo grande
e che mai verrà?
Il girinus nel suo volteggiare,
la giraffa col suo collo,
con le spine la rosa,
con le parole l’uomo,
Il girasole con lo stame il pistillo,
non aspettano soltanto?
KIKUO TAKANO, TR. PAOLO LAGAZZI E YASUKO MATSUMOTO
martedì 22 luglio 2008
lunedì 21 luglio 2008
domenica 20 luglio 2008
sabato 19 luglio 2008
Notte, macchinatrice di raggiri,
pazza, immaginativa, chimerista,
vile ruffiana, lince senza vista,
intimorita dai tuoi stessi echi:
ti si addossino mali, ombre, paure,
molesta, visionaria, inferma, fredda,
mano assassina e piede fuggitivo.
Che vegli o dorma, mezza vita è tua:
se veglio, ti do il giorno in indennizzo,
e se dormo, non sento quel che vivo.
LOPE DE VEGA
pazza, immaginativa, chimerista,
vile ruffiana, lince senza vista,
intimorita dai tuoi stessi echi:
ti si addossino mali, ombre, paure,
molesta, visionaria, inferma, fredda,
mano assassina e piede fuggitivo.
Che vegli o dorma, mezza vita è tua:
se veglio, ti do il giorno in indennizzo,
e se dormo, non sento quel che vivo.
LOPE DE VEGA
venerdì 18 luglio 2008
Ancora non mi palpita una fede:
per questo mi viene la luce
e non me lo sento il mattino
e so il mio giorno rapito
in un vortice inane
Se fossi zolla!
M’avrebbe rimosso la vanga,
darei erbe e frutti
a questa stagione che sorvola.
E sono sorgente seccata
che mi scansano le greggi
ora che domina luglio.
ROCCO SCOTELLARO
per questo mi viene la luce
e non me lo sento il mattino
e so il mio giorno rapito
in un vortice inane
Se fossi zolla!
M’avrebbe rimosso la vanga,
darei erbe e frutti
a questa stagione che sorvola.
E sono sorgente seccata
che mi scansano le greggi
ora che domina luglio.
ROCCO SCOTELLARO
giovedì 17 luglio 2008
17 LUGLIO
Come un bimbo che stanco
Di studio, pitta sogni
a caso, senza voglia
attediato il pensiero
vaga da uccello muto
a nube senza luce
da eco di stanza vuota
a fiore senza amore…
− Che fumi hanno inventato
la parola deserto?
La terra, il cielo e io
solo.
Stanchezza. Tedio.
JUAN RAMÓN JIMÉNEZ, TR. FRANCESCO TENTORI MONTALTO
Di studio, pitta sogni
a caso, senza voglia
attediato il pensiero
vaga da uccello muto
a nube senza luce
da eco di stanza vuota
a fiore senza amore…
− Che fumi hanno inventato
la parola deserto?
La terra, il cielo e io
solo.
Stanchezza. Tedio.
JUAN RAMÓN JIMÉNEZ, TR. FRANCESCO TENTORI MONTALTO
mercoledì 16 luglio 2008
APOTEOSI
Gli alberi spazzati veleggiano in un mare d’Oro,
dormendo fuoco, incerto, lontanamente…
Tutto mi si è livellato in un sogno radente
e solo in metà di me oggi dimoro…
Sono di bronzo le tristezze che ancor piangon
Pilastri morti, marmi al Tramonto…
Le mie ansie si sono lastricate biancamente
lungo chiostri falsi dove mai vado a pregare…
Da me sono disceso. Ho piegato il mio manto d’Astro,
ho rotto la coppa di cristallo e stupore,
e tagliato in ombra l’Oro della mia orma…
Sono cessato…Ore-platino…Aroma broccato…
Chiardiluna-ansia …Luce-perdono…Orchidee-pianto…
………………………………………………..
- oh paludi di Me stesso- giardino stagnante…
MÁRIO DE SÂ CARNEIRO, TR. MARIA JOSE' DE LANCASTER
dormendo fuoco, incerto, lontanamente…
Tutto mi si è livellato in un sogno radente
e solo in metà di me oggi dimoro…
Sono di bronzo le tristezze che ancor piangon
Pilastri morti, marmi al Tramonto…
Le mie ansie si sono lastricate biancamente
lungo chiostri falsi dove mai vado a pregare…
Da me sono disceso. Ho piegato il mio manto d’Astro,
ho rotto la coppa di cristallo e stupore,
e tagliato in ombra l’Oro della mia orma…
Sono cessato…Ore-platino…Aroma broccato…
Chiardiluna-ansia …Luce-perdono…Orchidee-pianto…
………………………………………………..
- oh paludi di Me stesso- giardino stagnante…
MÁRIO DE SÂ CARNEIRO, TR. MARIA JOSE' DE LANCASTER
martedì 15 luglio 2008
Dice di aver saputo
che quello dell’alba
è un caso muto
Che il gallo canta
Arrogante ma da distante
E ottuso
Come un parente deluso.
Nessuno crede alla venuta dell’alba.
Tutti emergono in quella scialba
certezza di sé:
e solo gli uccelli si fanno domande
sulla bontà e che si salva
per i campi intorno.
L’aurora transita innocente
Cieca nei grandi occhi celesti
E va a cadere e annega
Nei pesti
Laghi notturni.
PAOLO VOLPONI
che quello dell’alba
è un caso muto
Che il gallo canta
Arrogante ma da distante
E ottuso
Come un parente deluso.
Nessuno crede alla venuta dell’alba.
Tutti emergono in quella scialba
certezza di sé:
e solo gli uccelli si fanno domande
sulla bontà e che si salva
per i campi intorno.
L’aurora transita innocente
Cieca nei grandi occhi celesti
E va a cadere e annega
Nei pesti
Laghi notturni.
PAOLO VOLPONI
lunedì 14 luglio 2008
La notte è buia, profondo è il tuo sonno
nel silenzio del mio essere.
Sveglia, Pena d’Amore, perché non so
aprire la porta e resterò fuori.
Le ore scorrono lente, vegliano le stelle,
il vento tace, il silenzio è pesante nel mio cuore.
Svegliati, Amore, svegliati!
Rompi la mia coppa vuota, agita la notte
con il soffio di un canto.
RABINDRANATH TAGORE, TR. BRUNILDE NERONI
nel silenzio del mio essere.
Sveglia, Pena d’Amore, perché non so
aprire la porta e resterò fuori.
Le ore scorrono lente, vegliano le stelle,
il vento tace, il silenzio è pesante nel mio cuore.
Svegliati, Amore, svegliati!
Rompi la mia coppa vuota, agita la notte
con il soffio di un canto.
RABINDRANATH TAGORE, TR. BRUNILDE NERONI
IL GAMBERO STORICO
Fiore della morte la nostra indifferenza.
Ci ritiriamo dal mondo con la perseveranza del gambero.
Lasciamo lui,
solo dalla sua parte stia la ragione,
ci seppellisca lui nel silenzio della sera,
gioisca lui del nostro odore
quando aprono per lui i calamai
e si inchiodano le nostre parole, fiore della morte.
MARIANA MARIN, TR. MARCO CUGNO
Ci ritiriamo dal mondo con la perseveranza del gambero.
Lasciamo lui,
solo dalla sua parte stia la ragione,
ci seppellisca lui nel silenzio della sera,
gioisca lui del nostro odore
quando aprono per lui i calamai
e si inchiodano le nostre parole, fiore della morte.
MARIANA MARIN, TR. MARCO CUGNO
domenica 13 luglio 2008
ULTIMA SOLITUDINE
Resterò come un sogno tra la solitudine e i giardini,
muto come il fiore,
puro come la dolce pupilla della luce.
Chiameranno i miei nomi i bimbi, nella sera.
Quanti anni avrà allora la luce, il canto?
Più non saprò il linguaggio del mio sangue.
Oh, che Adone senza lingua,
che cammina tra il silenzio della sera e l’aria
[della terra!
Un dolce e chiaro pianto, un fine pianto
come spada di pioggia,
uscirà da me nella stella che si chinerà sul mio petto.
Frutto e sapore d’ombra cadranno sulla mia bocca
Ingrandirà l’oblio sulla mia schiena nuda.
Cercherò nuova luce per illuminare la mia fronte.
Dio, sereno, starà costruendo i suoi astri…
mentre la solitudine mi allatta al suo seno.
LUIS HERNÁNDEZ AQUINO, TR. GIUSEPPE BELLINI
muto come il fiore,
puro come la dolce pupilla della luce.
Chiameranno i miei nomi i bimbi, nella sera.
Quanti anni avrà allora la luce, il canto?
Più non saprò il linguaggio del mio sangue.
Oh, che Adone senza lingua,
che cammina tra il silenzio della sera e l’aria
[della terra!
Un dolce e chiaro pianto, un fine pianto
come spada di pioggia,
uscirà da me nella stella che si chinerà sul mio petto.
Frutto e sapore d’ombra cadranno sulla mia bocca
Ingrandirà l’oblio sulla mia schiena nuda.
Cercherò nuova luce per illuminare la mia fronte.
Dio, sereno, starà costruendo i suoi astri…
mentre la solitudine mi allatta al suo seno.
LUIS HERNÁNDEZ AQUINO, TR. GIUSEPPE BELLINI
sabato 12 luglio 2008
Il giorno nasconde l’universo
ma ora il buio alza il velo
davanti al mistero. Verso lontane
spiagge di stelle va il mio desiderio
Su di me la Via Lattea sta sospesa,
io salgo la scala del cielo.
Su un bioccolo dell’universo
arde la guerra mondiale.
Bellezza che vedo brillare
oltre le cime degli alberi
troverò lassù
lo stesso orrore di qui?
OTTO GELSTEDT, TR. MARIA GIACOBBE
ma ora il buio alza il velo
davanti al mistero. Verso lontane
spiagge di stelle va il mio desiderio
Su di me la Via Lattea sta sospesa,
io salgo la scala del cielo.
Su un bioccolo dell’universo
arde la guerra mondiale.
Bellezza che vedo brillare
oltre le cime degli alberi
troverò lassù
lo stesso orrore di qui?
OTTO GELSTEDT, TR. MARIA GIACOBBE
venerdì 11 luglio 2008
giovedì 10 luglio 2008
Come chi in un giorno d’estate apre la porta di casa
E sente il calore dei campi con tuta la faccia
A volte all’improvviso mi sbatte la Natura in pieno
Sulla faccia dei miei sentimenti,
E io resto confuso, turbato, cercando di comprendere
Non so bene come né che cosa…
Ma chi ha ordinato a me di voler comprendere?
Chi mi ha detto che si doveva comprendere?
Quando l’Estate mi passa sulla faccia
La mano lieve e calda della sua brezza,
Solo devo sentire piacere perché è brezza
O sentire dispiacere perché è calda,
E in qualunque maniera io lo senta,
Così perché così lo sento, il mio dovere è sentirlo.
FERNANDO PESSOA/ALBERTO CAEIRO, TR. PIERLUIGI RAULE
E sente il calore dei campi con tuta la faccia
A volte all’improvviso mi sbatte la Natura in pieno
Sulla faccia dei miei sentimenti,
E io resto confuso, turbato, cercando di comprendere
Non so bene come né che cosa…
Ma chi ha ordinato a me di voler comprendere?
Chi mi ha detto che si doveva comprendere?
Quando l’Estate mi passa sulla faccia
La mano lieve e calda della sua brezza,
Solo devo sentire piacere perché è brezza
O sentire dispiacere perché è calda,
E in qualunque maniera io lo senta,
Così perché così lo sento, il mio dovere è sentirlo.
FERNANDO PESSOA/ALBERTO CAEIRO, TR. PIERLUIGI RAULE
mercoledì 9 luglio 2008
O astemie rane,
o rabdomanti rane,
o macrocefale rane,
fate silenzio!
Non sentite la serenata
lunga dell’usignolo
laggiù dietro il fiorito brolo,
che sembra vomitare
un lungo interminabile filo d’oro,
simile a un ciarlatano sulla piazza
che si cava dalla bocca
una miracolosa ed infinita
tagliatella di carta colorata
fra la stupefazione dei villani?
Il cocomero giallo della luna
spunta di dietro ai pioppi:
Maccheroniche nuvole di cenere
volano per il cielo violetto.
Le ranocchie continuano a gridare.
Hanno l’aria di strane lavandaie
che sciacquano nella laguna
il vestito di notte della luna.
CORRADO GOVONI
o rabdomanti rane,
o macrocefale rane,
fate silenzio!
Non sentite la serenata
lunga dell’usignolo
laggiù dietro il fiorito brolo,
che sembra vomitare
un lungo interminabile filo d’oro,
simile a un ciarlatano sulla piazza
che si cava dalla bocca
una miracolosa ed infinita
tagliatella di carta colorata
fra la stupefazione dei villani?
Il cocomero giallo della luna
spunta di dietro ai pioppi:
Maccheroniche nuvole di cenere
volano per il cielo violetto.
Le ranocchie continuano a gridare.
Hanno l’aria di strane lavandaie
che sciacquano nella laguna
il vestito di notte della luna.
CORRADO GOVONI
martedì 8 luglio 2008
Da ogni parte frecce d’oro
uccidon l’estate. L’aria
trasporta pene dissolte,
il sangue porta veleno.
Ogni cosa − le ali, i fiori
La luce − intraprende un viaggio
Quanto tristi congedi!
Il cuore guadagna il mare.
Lunghi brividi tra lagrime.
Dove andate? Ove siete? −
ogni cosa si domanda.
Nulla e nessuno lo sa.
JUAN RAMÓN JIMÉNEZ, TR. FRANCESCO TENTORI MONTALTO
uccidon l’estate. L’aria
trasporta pene dissolte,
il sangue porta veleno.
Ogni cosa − le ali, i fiori
La luce − intraprende un viaggio
Quanto tristi congedi!
Il cuore guadagna il mare.
Lunghi brividi tra lagrime.
Dove andate? Ove siete? −
ogni cosa si domanda.
Nulla e nessuno lo sa.
JUAN RAMÓN JIMÉNEZ, TR. FRANCESCO TENTORI MONTALTO
lunedì 7 luglio 2008
domenica 6 luglio 2008
sabato 5 luglio 2008
Oggi guardo l’immagine della pioggia tra gli uomini
Avanza minacciosa, avanza buia;
il suo cuore danza sconvolto,
incalzando stravolge ogni ostacolo;
si stinge nube a nube,
petto a petto si scontra e tuona.
Guardo l’immagine della pioggia tra gli uomini
A folle a folle verso l’infinito,
schiere e schiere senza meta.
Né sanno sotto qual cielo
nel mezzo luglio si verseranno in acqua,
né sanno quale triste vita o morte
portano con triste magnificenza.
Guardo l’immagine della pioggia tra gli uomini.
Da oriente voce di tempesta
porta frante cose.
Dall’estremità della terra un fato cieco
Annuncia dolore senza parole,
neri profili sotto gravi ombre
preparano nuovi destini.
Guardo l’immagine della pioggia tra gli uomini.
RABINDRANATH TAGORE, TR. BRUNILDE NERONI
Avanza minacciosa, avanza buia;
il suo cuore danza sconvolto,
incalzando stravolge ogni ostacolo;
si stinge nube a nube,
petto a petto si scontra e tuona.
Guardo l’immagine della pioggia tra gli uomini
A folle a folle verso l’infinito,
schiere e schiere senza meta.
Né sanno sotto qual cielo
nel mezzo luglio si verseranno in acqua,
né sanno quale triste vita o morte
portano con triste magnificenza.
Guardo l’immagine della pioggia tra gli uomini.
Da oriente voce di tempesta
porta frante cose.
Dall’estremità della terra un fato cieco
Annuncia dolore senza parole,
neri profili sotto gravi ombre
preparano nuovi destini.
Guardo l’immagine della pioggia tra gli uomini.
RABINDRANATH TAGORE, TR. BRUNILDE NERONI
venerdì 4 luglio 2008
NON SO DI TE OMBRE
Non so di te ombre più belle che
quelle delle tue membra assorte quando
nella penombra fatta di memorie
addormentatamente su di sé riposano.
Che una parola vibri nel tuo seno
come di mobili un secco crepitìo
dentro al pallore della vaga stanza,
s'è spezzato l'incanto, e non ritorni,
già la tua assenza adesso salecalma,
e, mormorante, sparge inumidendo
la sua arida spiaggia che s'imbeve,
mentre che fugacissime lanterne
rigano ansiose l'ombra che si scioglie.
JORGE DE SENA, TR. CARLO VITTORIO CATTANEO
quelle delle tue membra assorte quando
nella penombra fatta di memorie
addormentatamente su di sé riposano.
Che una parola vibri nel tuo seno
come di mobili un secco crepitìo
dentro al pallore della vaga stanza,
s'è spezzato l'incanto, e non ritorni,
già la tua assenza adesso salecalma,
e, mormorante, sparge inumidendo
la sua arida spiaggia che s'imbeve,
mentre che fugacissime lanterne
rigano ansiose l'ombra che si scioglie.
JORGE DE SENA, TR. CARLO VITTORIO CATTANEO
C'è ancora qualcuno
però per cui
la vita
non è un inferno
C'è il piccolo uccello da becco giallo
Fraulein Ramser
e sempre gli ultimi rimasti del sole
gli innamorati con sole e luna
cerca bene
trovali, Poeta
registrali attentamente
perché più si va avanti e meno sono
e meno sono
MILTHOS SACHTURIS, TR. PAOLA MARIA MINUCCI
però per cui
la vita
non è un inferno
C'è il piccolo uccello da becco giallo
Fraulein Ramser
e sempre gli ultimi rimasti del sole
gli innamorati con sole e luna
cerca bene
trovali, Poeta
registrali attentamente
perché più si va avanti e meno sono
e meno sono
MILTHOS SACHTURIS, TR. PAOLA MARIA MINUCCI
giovedì 3 luglio 2008
mercoledì 2 luglio 2008
martedì 1 luglio 2008
LA CINTURA
Quando il cielo color d’una gota
Lascia gli occhi infine amarlo
E che nel punto dorato di perire
Tra i rosa scherza il tempo,
Innanzi al muto di piacere
Che una tale pittura incatena,
Danza un’Ombra a libera cintura
Che la sera è presso a cogliere.
Cintura vagabonda
Che nel soffio aereo fa
Fremere il supremo legame
Del mio silenzio con il mondo.
Assente, presente…Io sono solo,
E buio, o soave lenzuolo.
PAUL VALÉRY, TR. VALERIO MAGRELLI
Lascia gli occhi infine amarlo
E che nel punto dorato di perire
Tra i rosa scherza il tempo,
Innanzi al muto di piacere
Che una tale pittura incatena,
Danza un’Ombra a libera cintura
Che la sera è presso a cogliere.
Cintura vagabonda
Che nel soffio aereo fa
Fremere il supremo legame
Del mio silenzio con il mondo.
Assente, presente…Io sono solo,
E buio, o soave lenzuolo.
PAUL VALÉRY, TR. VALERIO MAGRELLI
lunedì 30 giugno 2008
Erica bella
su le magre lande,
Tu miglior fiore dei miei anni verdi..
Posso attendere ancora
Presso di te nella pace dei sogni
un dì di sole, quando l’austro soffia.
Qui le capanne inonda
un aroma di spezie
dai virenti ginepri e il rosso timo
e porge il vento
la bevanda che bolle
di vigor della piana e ardore estivo.
Qui seguirà
− quando fiotteran l’aure
un dì di sole− quella ch’io andrò a cercare lontano.
Qui le domanderò se col mio fuoco
possa ella la mia bella landa amare.
Nella ghirlanda
che porterà danzando
una sera di cui saporo la gioia lontana,
intreccerò dell’erica
perché ella non dimentichi
dove io nacqui e divagai fanciullo.
ERIK AXEL KARFELDT, TR. DARIA ROSSI
su le magre lande,
Tu miglior fiore dei miei anni verdi..
Posso attendere ancora
Presso di te nella pace dei sogni
un dì di sole, quando l’austro soffia.
Qui le capanne inonda
un aroma di spezie
dai virenti ginepri e il rosso timo
e porge il vento
la bevanda che bolle
di vigor della piana e ardore estivo.
Qui seguirà
− quando fiotteran l’aure
un dì di sole− quella ch’io andrò a cercare lontano.
Qui le domanderò se col mio fuoco
possa ella la mia bella landa amare.
Nella ghirlanda
che porterà danzando
una sera di cui saporo la gioia lontana,
intreccerò dell’erica
perché ella non dimentichi
dove io nacqui e divagai fanciullo.
ERIK AXEL KARFELDT, TR. DARIA ROSSI
domenica 29 giugno 2008
sabato 28 giugno 2008
venerdì 27 giugno 2008
Ritmi nudi
dove registro il silenzio degli occhi,
dove rievoco l’origine
le ore prigioniere
e cielo teso ritrovo del desiderio,
lo scenario dei giorni,
la radice e il destino,
il sentimento che lacera l’esistere.
Trascino la voce tra le labbra.
Piove la notte
Un’elemosina di parole ardenti.
Mi chiedo chi sono.
CARLES DUARTE, TR. GIUSEPPE SANSONI
dove registro il silenzio degli occhi,
dove rievoco l’origine
le ore prigioniere
e cielo teso ritrovo del desiderio,
lo scenario dei giorni,
la radice e il destino,
il sentimento che lacera l’esistere.
Trascino la voce tra le labbra.
Piove la notte
Un’elemosina di parole ardenti.
Mi chiedo chi sono.
CARLES DUARTE, TR. GIUSEPPE SANSONI
giovedì 26 giugno 2008
…e d’un tratto ti scopri a guardare
le cose, gli alberi, le persone
che ti sono accanto con angoscia
come di là da un vetro. Attonito.
Forse riflesso di altri alberi, altre
case, altra gente.
Brusìo d’un altrove
che tu non puoi intendere.
Qui,
vicino o laggiù, non sai;
o di un altro esistere ma più acuto,
più nitido.
GIORGIO DEVOTO
le cose, gli alberi, le persone
che ti sono accanto con angoscia
come di là da un vetro. Attonito.
Forse riflesso di altri alberi, altre
case, altra gente.
Brusìo d’un altrove
che tu non puoi intendere.
Qui,
vicino o laggiù, non sai;
o di un altro esistere ma più acuto,
più nitido.
GIORGIO DEVOTO
mercoledì 25 giugno 2008
martedì 24 giugno 2008
SABATO SANTO, 25
DI PASSAGGIO NELLA MIA INSONNIA di ieri
mi sorrise appena, per un attimo
la piccola dea dal nastro azzurro
che fin da bambino svelava i miei segreti
Poi scomparve veleggiando a destra
per andare a gettare le mie scorie
− cicche e poveri versi −
là dove ancora arde colmo di vita
giovinezza e fiero l’alto mare.
ODISSEAS ELITIS, TR. PAOLA MARIA MINUCCI
mi sorrise appena, per un attimo
la piccola dea dal nastro azzurro
che fin da bambino svelava i miei segreti
Poi scomparve veleggiando a destra
per andare a gettare le mie scorie
− cicche e poveri versi −
là dove ancora arde colmo di vita
giovinezza e fiero l’alto mare.
ODISSEAS ELITIS, TR. PAOLA MARIA MINUCCI
lunedì 23 giugno 2008
L'ARIA
Questo che passa e che si ferma,
questo è l’Aria, questo è l’Aria,
e senza che tu le veda la bocca
ti prende e bacia, madre affettuosa.
Ah, senza romperla noi la rompiamo,
ferita vola senza lamento,
e sembra che tutti prenda
e tutti lasci, come brami, l’Aria…
GABRIELA MISTRAL, TR. PIERO RAIMONDI
questo è l’Aria, questo è l’Aria,
e senza che tu le veda la bocca
ti prende e bacia, madre affettuosa.
Ah, senza romperla noi la rompiamo,
ferita vola senza lamento,
e sembra che tutti prenda
e tutti lasci, come brami, l’Aria…
GABRIELA MISTRAL, TR. PIERO RAIMONDI
domenica 22 giugno 2008
Verso la luna che da poco è sorta
e riannoda le tue selve raminghe
ora più vaghe
e sporgono i tuoi tetti dall’orto,
a la finestra guarda l’odoroso
meandro dove anche è il canto fioco
dell’assiolo fuggito in altri boschi.
Nella penombra pesano le bacche
di mirto, un raggio le calpesta dove
le togliemmo stasera, un passo infrange
l’acqua colta nei forati e rifiorita.
E vive più del tuo sogno adorato
in questa folta tenebra la notte,
e nel freddo dei rami
e sull’argento dove spira il cupo
fiumicello del vento
più che fra le pie mura reclinati
visi delle fanciulle inconsapevoli.
ALESSANDRO PARRONCHI
e riannoda le tue selve raminghe
ora più vaghe
e sporgono i tuoi tetti dall’orto,
a la finestra guarda l’odoroso
meandro dove anche è il canto fioco
dell’assiolo fuggito in altri boschi.
Nella penombra pesano le bacche
di mirto, un raggio le calpesta dove
le togliemmo stasera, un passo infrange
l’acqua colta nei forati e rifiorita.
E vive più del tuo sogno adorato
in questa folta tenebra la notte,
e nel freddo dei rami
e sull’argento dove spira il cupo
fiumicello del vento
più che fra le pie mura reclinati
visi delle fanciulle inconsapevoli.
ALESSANDRO PARRONCHI
sabato 21 giugno 2008
Volevo il fuoco a fianco del fuoco, l’acqua volevo,
il vento davanti e dietro il vento,
nelle Orme volevo,
dentro la terra, e la neve, la neve,.
Ho avuto il fuoco dal ricordo del fuoco, l’acqua dalla memoria
dell’acqua, il vento dal discorso del vento e dal silenzio,
le Orme le ho avute
dall’oblio della terra, e la neve, la neve.
HELENA SINERVO, TR.ANTONIO PARENTE
il vento davanti e dietro il vento,
nelle Orme volevo,
dentro la terra, e la neve, la neve,.
Ho avuto il fuoco dal ricordo del fuoco, l’acqua dalla memoria
dell’acqua, il vento dal discorso del vento e dal silenzio,
le Orme le ho avute
dall’oblio della terra, e la neve, la neve.
HELENA SINERVO, TR.ANTONIO PARENTE
venerdì 20 giugno 2008
Sei nell’assopimento di corolle
tenere, appena schiuse, come cieli
brevi sul prato, e nello sguardo folle
dell’arse donne, i cui pallori aneli
traspaiono d’argento
nel dolce portamento
Nutri ogni desiderio che discorda
col sospiro pacifico dell’erba
e vibri in seno a questa pietra sorda
l’antro della tua musica superba
con la quale assecondi
l’ansia di tutti i mondi.
Sei presente e non sei, come una forma
celeste che vegliando, pur s’oppone
al vegliare delle forme, e vuol che dorma
ciascuna, come dentro una prigione
nel suo proprio passato,
che in corpo ha modellato.
ARTURO ONOFRI
tenere, appena schiuse, come cieli
brevi sul prato, e nello sguardo folle
dell’arse donne, i cui pallori aneli
traspaiono d’argento
nel dolce portamento
Nutri ogni desiderio che discorda
col sospiro pacifico dell’erba
e vibri in seno a questa pietra sorda
l’antro della tua musica superba
con la quale assecondi
l’ansia di tutti i mondi.
Sei presente e non sei, come una forma
celeste che vegliando, pur s’oppone
al vegliare delle forme, e vuol che dorma
ciascuna, come dentro una prigione
nel suo proprio passato,
che in corpo ha modellato.
ARTURO ONOFRI
giovedì 19 giugno 2008
NOTTE DI GIUGNO
Come piovve oggi, scuri fastelli d’acqua
nelle nuvole, la fiamma guizzante della candela per il tè
una pioggia di fiamme già umido
meglio in volo, in volo
distrutto dal soffio del vento che macellati al sonno
neppure un corvo bianco, nessun coleottero nel lenzuolo
nessun congedo dalla notte
tintinnano le tazze, inserite nel vitreo.
URSULA KRECHEL, TR. RICCARDA NOVELLO
nelle nuvole, la fiamma guizzante della candela per il tè
una pioggia di fiamme già umido
meglio in volo, in volo
distrutto dal soffio del vento che macellati al sonno
neppure un corvo bianco, nessun coleottero nel lenzuolo
nessun congedo dalla notte
tintinnano le tazze, inserite nel vitreo.
URSULA KRECHEL, TR. RICCARDA NOVELLO
A DAPHNE E VIRGINIA
L’odore del caldo sa di legno di bosso
quando destandoci
un movimento dell’aria
risveglia i nostri pensieri
che non avevano vita
a una vita, una vita
in cui due donne si angosciano:
vivere e respirare non è meno
Due donne giovani.
L’odore di bosso
è l’odore di ciò
a cui partecipando
separatamente, ciascuna per sé,
anche io partecipo
separatamente.
Pazientate che mi rivolga a voi in poesia,
non c’è altro mezzo
più adatto.
La mente
vi dimora. E’ malsicura,
può ingannarci e lasciarci
angosciati. Ma per risorse
che cosa può uguagliarla?
Non c’è niente.
Saremmo perduti
senza le sue ali
con cui volare
La mente è causa delle nostre afflizioni
ma da essa possiamo
ricominciare a costruire.
Oh, qualcosa vola via:
il mondo d’una donna, di sbarre
incrociate, di pensieri
bloccanti. Un mondo nuovo
non è che una mente nuova.
E mente e poesia
sono tutt’uno
Due giovani donne
da prendere al laccio,
odore di bosso,
da legare e tenere
per i travaglio della mente.
Tutte le donne hanno lo stesso destino
di fronte agli uomini
e c’è sempre un altro,
come me per esempio,
che le ama,
ama ogni donna,
ma si ritrova, toccandole,
come altri uomini,
spesso disorientato
Ho due figli,
i mariti di queste donne,
che pure vivono
in un mondo d’amore,
in disparte.
Quest’odore di bosso nella calura
non toccherà anche loro
affrontando un mondo di donne
dal quale sono
esclusi
proprio dagli effluvi che li attirano
contro il facile accesso?
Nella nostra famiglia balbettiamo, a meno che
mattoidi come siamo,
non si riesca alla fine a parlare.
E io non sono
un giovanotto,
Il mio amore mi opprime.
E’ un amore
inferiore
all’amore d’una giovane, ma
come quest’odore di bosso
più penetrante, infinitamente più
penetrante
in questo senso irresistibile.
C’è nel difficile
prendere e dare
della vita d’un uomo con una donna
una cosa che non è proprio tensione
ma è oltre
e al disopra
di essa,
qualcosa che vuole
insorgere e
liberarsi. Non siamo cince
su un ramo nudo
con un verme nel becco
Il verme è nel nostro cervello
e lo riguarda
non è cibo per la nostra
prole, vuole scombussolare
il nostro pensiero
e darlo in pasto
ai giornali
o dove che sia.
C’è, in breve,
una contro-tensione
prodotta dallo shock sessuale,
che sopravvive ad essa
in consonanza con la luna,
per salvaguardare la propria mente.
C’è, ovviamente,
di più.
Le donne
non sono sole,
in questo. In ogni caso
mentre c’è in giro quest’idea salutare
uno può scrivere una poesia
Stando in campagna
in questa vecchia fattoria
facciamo colazione
su un terrazzo sotto un olmo
.
I cespugli
sotto di noi sono incolti.
E lì, dentro un recinto,
se no si mangia il giardino,
vive un papero
che piega la testa
da un lato
e guarda in su verso di noi,
un tipo quieto,
che non scrive poesie.
Nelle belle mattine
sediamo lì, mentre gli uccelli
vanno e vengono. Una coppia
di pettirossi
sta costruendo il nido
per la seconda volta
nella stagione. Gli uomini,
contro ogni buon senso,
parlano d’amore, certe volte
quando son vecchi. Non possono
far altro.
oppure osservare un grasso papero
che avanza dondolando,
sguazzando rumorosamente
nella fanghiglia del suo stagno.
WILLIAM CARLOS WILLIAMS, TR. ARIODANTE MARIANNI
quando destandoci
un movimento dell’aria
risveglia i nostri pensieri
che non avevano vita
a una vita, una vita
in cui due donne si angosciano:
vivere e respirare non è meno
Due donne giovani.
L’odore di bosso
è l’odore di ciò
a cui partecipando
separatamente, ciascuna per sé,
anche io partecipo
separatamente.
Pazientate che mi rivolga a voi in poesia,
non c’è altro mezzo
più adatto.
La mente
vi dimora. E’ malsicura,
può ingannarci e lasciarci
angosciati. Ma per risorse
che cosa può uguagliarla?
Non c’è niente.
Saremmo perduti
senza le sue ali
con cui volare
La mente è causa delle nostre afflizioni
ma da essa possiamo
ricominciare a costruire.
Oh, qualcosa vola via:
il mondo d’una donna, di sbarre
incrociate, di pensieri
bloccanti. Un mondo nuovo
non è che una mente nuova.
E mente e poesia
sono tutt’uno
Due giovani donne
da prendere al laccio,
odore di bosso,
da legare e tenere
per i travaglio della mente.
Tutte le donne hanno lo stesso destino
di fronte agli uomini
e c’è sempre un altro,
come me per esempio,
che le ama,
ama ogni donna,
ma si ritrova, toccandole,
come altri uomini,
spesso disorientato
Ho due figli,
i mariti di queste donne,
che pure vivono
in un mondo d’amore,
in disparte.
Quest’odore di bosso nella calura
non toccherà anche loro
affrontando un mondo di donne
dal quale sono
esclusi
proprio dagli effluvi che li attirano
contro il facile accesso?
Nella nostra famiglia balbettiamo, a meno che
mattoidi come siamo,
non si riesca alla fine a parlare.
E io non sono
un giovanotto,
Il mio amore mi opprime.
E’ un amore
inferiore
all’amore d’una giovane, ma
come quest’odore di bosso
più penetrante, infinitamente più
penetrante
in questo senso irresistibile.
C’è nel difficile
prendere e dare
della vita d’un uomo con una donna
una cosa che non è proprio tensione
ma è oltre
e al disopra
di essa,
qualcosa che vuole
insorgere e
liberarsi. Non siamo cince
su un ramo nudo
con un verme nel becco
Il verme è nel nostro cervello
e lo riguarda
non è cibo per la nostra
prole, vuole scombussolare
il nostro pensiero
e darlo in pasto
ai giornali
o dove che sia.
C’è, in breve,
una contro-tensione
prodotta dallo shock sessuale,
che sopravvive ad essa
in consonanza con la luna,
per salvaguardare la propria mente.
C’è, ovviamente,
di più.
Le donne
non sono sole,
in questo. In ogni caso
mentre c’è in giro quest’idea salutare
uno può scrivere una poesia
Stando in campagna
in questa vecchia fattoria
facciamo colazione
su un terrazzo sotto un olmo
.
I cespugli
sotto di noi sono incolti.
E lì, dentro un recinto,
se no si mangia il giardino,
vive un papero
che piega la testa
da un lato
e guarda in su verso di noi,
un tipo quieto,
che non scrive poesie.
Nelle belle mattine
sediamo lì, mentre gli uccelli
vanno e vengono. Una coppia
di pettirossi
sta costruendo il nido
per la seconda volta
nella stagione. Gli uomini,
contro ogni buon senso,
parlano d’amore, certe volte
quando son vecchi. Non possono
far altro.
oppure osservare un grasso papero
che avanza dondolando,
sguazzando rumorosamente
nella fanghiglia del suo stagno.
WILLIAM CARLOS WILLIAMS, TR. ARIODANTE MARIANNI
mercoledì 18 giugno 2008
Paesello
fra smeraldi di monti
una penna nera dietro un muro sereno
un ruscello
con la voce di due passeri in rissa
un diroccato castel d’edera
che nel cielo s’inabissa
una chiesina
dalla faccia di centenaria
tutta rughe chissà se piange o ride
dal gruppo delle case nere
con la sua campanina
che invita sta qui
sta qui
l’amore la felicità
la pace
svanisce tutto come un fiocco d’aria
quando tace.
CORRADO GOVONI
fra smeraldi di monti
una penna nera dietro un muro sereno
un ruscello
con la voce di due passeri in rissa
un diroccato castel d’edera
che nel cielo s’inabissa
una chiesina
dalla faccia di centenaria
tutta rughe chissà se piange o ride
dal gruppo delle case nere
con la sua campanina
che invita sta qui
sta qui
l’amore la felicità
la pace
svanisce tutto come un fiocco d’aria
quando tace.
CORRADO GOVONI
martedì 17 giugno 2008
lunedì 16 giugno 2008
domenica 15 giugno 2008
sabato 14 giugno 2008
Assurda così come sorge è pronta
la vita a morirti nella gola,
colarti fra le dita, giù per il muro.
A non finire mai è la paura.
La trovi in ogni birreria, al posto giusto,
ed è il vapore che si leva dal bianco,
l'odore dei polli squarciati, dalle cucine, o l'olio rancido,
i frutti di mare scotti, ridotti a rifiuti.
E' con orrore che vedi il granchio
con le chele legate, trote e anguille
sotto un viscido ventre di carpa.
Un gatto senz'aria, piange dal bagagliaio.
DURS GRUNBEIN, TR. ANNA MARIA CARPI
la vita a morirti nella gola,
colarti fra le dita, giù per il muro.
A non finire mai è la paura.
La trovi in ogni birreria, al posto giusto,
ed è il vapore che si leva dal bianco,
l'odore dei polli squarciati, dalle cucine, o l'olio rancido,
i frutti di mare scotti, ridotti a rifiuti.
E' con orrore che vedi il granchio
con le chele legate, trote e anguille
sotto un viscido ventre di carpa.
Un gatto senz'aria, piange dal bagagliaio.
DURS GRUNBEIN, TR. ANNA MARIA CARPI
Solenne transita sulla fertile terra
la bianca, inutile nube fuggitiva,
che a un nero istante dal mezzo dei campi esala
un soffio incrudito.
Tale alta nell’anima la lenta idea mi vola
e mi annera la mente, ma subito torno,
come a se stessa la stessa campagna, al giorno
dell’imperfetta vita.
FERNANDO PESSOA (RICARDO REIS), TR. LIBERO CORSI
la bianca, inutile nube fuggitiva,
che a un nero istante dal mezzo dei campi esala
un soffio incrudito.
Tale alta nell’anima la lenta idea mi vola
e mi annera la mente, ma subito torno,
come a se stessa la stessa campagna, al giorno
dell’imperfetta vita.
FERNANDO PESSOA (RICARDO REIS), TR. LIBERO CORSI
venerdì 13 giugno 2008
Questa è una pietra da cui ho tratto le scaglie,
fu un lungo lavoro nella notte, poco fuoco,
la ultimai, conclusi l’opera,
perché affissa a una freccia colpisse l’oggetto
la sua morte per la mia vita.
E io volevo solo che tutto splendesse,
che il cerchio della vita e della morte
chiudesse anche la mia vita nel ricordo.
L’ho fatto per te, per sopravvivere,
quando io non sarò più che un’ombra
e tu la sua luce repressa,
tu ed io chiusi nel cerchio del pianeta
che il tempo divide, e l’amore confonde.
ROBERTO MUSSAPI
fu un lungo lavoro nella notte, poco fuoco,
la ultimai, conclusi l’opera,
perché affissa a una freccia colpisse l’oggetto
la sua morte per la mia vita.
E io volevo solo che tutto splendesse,
che il cerchio della vita e della morte
chiudesse anche la mia vita nel ricordo.
L’ho fatto per te, per sopravvivere,
quando io non sarò più che un’ombra
e tu la sua luce repressa,
tu ed io chiusi nel cerchio del pianeta
che il tempo divide, e l’amore confonde.
ROBERTO MUSSAPI
giovedì 12 giugno 2008
mercoledì 11 giugno 2008
Quànt che la sèra slavine a lis fontanis
Il me paîs l’è di colôr smarît
Jo soi lontàn, ricuàrdi lìs sos ràmis,
la lùna, il trist tintinulâ deai gris.
Suna il Rosàri, pai prâs al si scunìs:
jo soi muàrt al ciànt de lis ciampànis.
Forèst, al mè dòls svualâ sor ‘il plan,
no ciapâ pòure: jo soi spirît d’amôr
c’a la so tière al torne di lontàn.
PIER PAOLO PASOLINI
Il me paîs l’è di colôr smarît
Jo soi lontàn, ricuàrdi lìs sos ràmis,
la lùna, il trist tintinulâ deai gris.
Suna il Rosàri, pai prâs al si scunìs:
jo soi muàrt al ciànt de lis ciampànis.
Forèst, al mè dòls svualâ sor ‘il plan,
no ciapâ pòure: jo soi spirît d’amôr
c’a la so tière al torne di lontàn.
PIER PAOLO PASOLINI
martedì 10 giugno 2008
Silente l’enigma si riflette. E fila
la sera nei giunchi quieti.
Qui c’è una trasparenza che nessuno osserva
nel tessuto dell’erba.
Silente la mandria mira con occhi verdi.
Discende verso le acque in serotina calma.
E il luogo porta a tutte le bocche
il suo gigantesco cucchiaio.
HARRY MARTINSON, TR. GIACOMO OREGLIO
la sera nei giunchi quieti.
Qui c’è una trasparenza che nessuno osserva
nel tessuto dell’erba.
Silente la mandria mira con occhi verdi.
Discende verso le acque in serotina calma.
E il luogo porta a tutte le bocche
il suo gigantesco cucchiaio.
HARRY MARTINSON, TR. GIACOMO OREGLIO
lunedì 9 giugno 2008
domenica 8 giugno 2008
O piccoli giardini addormentati
in un sonno di pace e di dolcezza,
o piccoli custodi rassegnati
di sussurri, di baci e di carezza;
o ritrovi di giochi immacolati,
di desideri puri e di tristezze
infinite, o giardini ove gli alati
cantori sanno di notturne ebbrezze,
o quanto v’amo!I sogni che rinserra
il mio core, fioriscono, o giardini,
lungo i viali ne le vostre aiuole.
Io v’amo, io v’amo, o fecondati al sole
di primavera in languidi mattini,
o giardini, sorrisi de la terra!
SERGIO CORRAZZINI
in un sonno di pace e di dolcezza,
o piccoli custodi rassegnati
di sussurri, di baci e di carezza;
o ritrovi di giochi immacolati,
di desideri puri e di tristezze
infinite, o giardini ove gli alati
cantori sanno di notturne ebbrezze,
o quanto v’amo!I sogni che rinserra
il mio core, fioriscono, o giardini,
lungo i viali ne le vostre aiuole.
Io v’amo, io v’amo, o fecondati al sole
di primavera in languidi mattini,
o giardini, sorrisi de la terra!
SERGIO CORRAZZINI
sabato 7 giugno 2008
Finalmente ho capito
perché amo il mio orto:
perché lì vorrei fosse
sepolto il mio corpo.
Solo i resti disciolti
di quel corpo da morto,
adibiti a nutrire le più varie
verzure, vita nuova vivranno
quali parti integranti
di straniere creature.
L’aldilà delle anime
(se mai ve n’è uno)
sta nei cieli nebbiosi.
Tra vaghe speranze
punteggiate di mine
Ma io che amo il concreto,
e i suoi succhi secreti
penso al corpo dell’orto.
All’aldilà del concime.
FRANCO MARCOALDI
perché amo il mio orto:
perché lì vorrei fosse
sepolto il mio corpo.
Solo i resti disciolti
di quel corpo da morto,
adibiti a nutrire le più varie
verzure, vita nuova vivranno
quali parti integranti
di straniere creature.
L’aldilà delle anime
(se mai ve n’è uno)
sta nei cieli nebbiosi.
Tra vaghe speranze
punteggiate di mine
Ma io che amo il concreto,
e i suoi succhi secreti
penso al corpo dell’orto.
All’aldilà del concime.
FRANCO MARCOALDI
venerdì 6 giugno 2008
giovedì 5 giugno 2008
LA VOCE DELLE COSE
Se volete torniamo in città!Ma
Si sta così bene su questo vecchio bastione…
Non parliamo!...E’ perfettamente inutile
E ci si comprende molto meglio che altrove!...
Sì. Ci si comprende senza vane parole
E senza dissipare col rumore delle voci
L’incanto divino delle folli idee,
Presso il flutto battente, una rossa fra le dita…
La natura parla e l’uomo ascolta,
L’onda mormora e la brezza geme
La campana rintocca e il vento, sì,
O qualche spirito, nella notte si lamenta…
E l’uomo attento alle frasi inquietanti
Delle onde, dei legni, dei campanili lontani…
Lascia evadersi. Cose inquietanti…
… E son versi dai suoni argentini. (PAUL VALÉRY, TR. MASSIMO CESCON
Si sta così bene su questo vecchio bastione…
Non parliamo!...E’ perfettamente inutile
E ci si comprende molto meglio che altrove!...
Sì. Ci si comprende senza vane parole
E senza dissipare col rumore delle voci
L’incanto divino delle folli idee,
Presso il flutto battente, una rossa fra le dita…
La natura parla e l’uomo ascolta,
L’onda mormora e la brezza geme
La campana rintocca e il vento, sì,
O qualche spirito, nella notte si lamenta…
E l’uomo attento alle frasi inquietanti
Delle onde, dei legni, dei campanili lontani…
Lascia evadersi. Cose inquietanti…
… E son versi dai suoni argentini. (PAUL VALÉRY, TR. MASSIMO CESCON
mercoledì 4 giugno 2008
martedì 3 giugno 2008
Di pozzo in pozzo
di bocca in bocca
serbavamo la fede
di un giardino profondo
giacimento di linfe
odori sepolti
germogliare sotto le reni della terra
da un pozzo all’altro però
l’assenzio si acuiva.
L’acqua febbrile della sosta
gli dava il suo splendore
di angelo sterminatore.
LORAND GASPAR, TR. MATTEO MESCHIARI
di bocca in bocca
serbavamo la fede
di un giardino profondo
giacimento di linfe
odori sepolti
germogliare sotto le reni della terra
da un pozzo all’altro però
l’assenzio si acuiva.
L’acqua febbrile della sosta
gli dava il suo splendore
di angelo sterminatore.
LORAND GASPAR, TR. MATTEO MESCHIARI
lunedì 2 giugno 2008
Azzurro! − è la vita del cielo − il regno
Di Cinzia − il palazzo vasto del sole,
la tenda d’Espero e della sua corte,
un grembo denso di nuvole d’oro, o grigie, o nere
azzurro! − è la vita dell’acqua − il vasto mare
estate, le sue acque vassalle, gl’innumerevoli stagni
Che possono infuriare, crucciarsi, schiumeggiare,
Ma mai posare se non nel cupo originario azzurro.
Azzurro! − gentile cugino del verde della foresta
E al verde sposato in tutti i fiori più dolci −
Il nontiscordardimé − la campanula − la viola.
Regina della discrezione: quali strani poteri hai tu,
Semplice ombra?Ma quale immenso potere ti è dato
Quando spendi in uno sguardo vivido di fato!
JOHN KEATS, TR. SILVANO SABBADINI
Di Cinzia − il palazzo vasto del sole,
la tenda d’Espero e della sua corte,
un grembo denso di nuvole d’oro, o grigie, o nere
azzurro! − è la vita dell’acqua − il vasto mare
estate, le sue acque vassalle, gl’innumerevoli stagni
Che possono infuriare, crucciarsi, schiumeggiare,
Ma mai posare se non nel cupo originario azzurro.
Azzurro! − gentile cugino del verde della foresta
E al verde sposato in tutti i fiori più dolci −
Il nontiscordardimé − la campanula − la viola.
Regina della discrezione: quali strani poteri hai tu,
Semplice ombra?Ma quale immenso potere ti è dato
Quando spendi in uno sguardo vivido di fato!
JOHN KEATS, TR. SILVANO SABBADINI
domenica 1 giugno 2008
Filtra l’ora e dilata lo spazio
E non ha luce presagio
Nell’abbandono dell’erbe;
e il vento, , il fresco vento non versa
telai di suoni e chiarità di improvvise,
e quando tace anche il cielo è solo.
Dammi vita nascosta
e se non sai me pure occulta
notte aereo mare.
Naufrago: e in ogni sillaba m’intendi
che alla terra scava il suo spiraglio
e nell’ombra s’allarga,
e albero diventa o pietra o sangue
in ansiosa forma d’anima
che in sé muore,
me stesso brucato dal patire
che m’asserena, profondità d’amore.
SALVATORE QUASIMODO
E non ha luce presagio
Nell’abbandono dell’erbe;
e il vento, , il fresco vento non versa
telai di suoni e chiarità di improvvise,
e quando tace anche il cielo è solo.
Dammi vita nascosta
e se non sai me pure occulta
notte aereo mare.
Naufrago: e in ogni sillaba m’intendi
che alla terra scava il suo spiraglio
e nell’ombra s’allarga,
e albero diventa o pietra o sangue
in ansiosa forma d’anima
che in sé muore,
me stesso brucato dal patire
che m’asserena, profondità d’amore.
SALVATORE QUASIMODO
Filtra l’ora e dilata lo spazio
E non ha luce presagio
Nell’abbandono dell’erbe;
e il vento, , il fresco vento non versa
telai di suoni e chiarità di improvvise,
e quando tace anche il cielo è solo.
Dammi vita nascosta
e se non sai me pure occulta
notte aereo mare.
Naufrago: e in ogni sillaba m’intendi
che alla terra scava il suo spiraglio
e nell’ombra s’allarga,
e albero diventa o pietra o sangue
in ansiosa forma d’anima
che in sé muore,
me stesso brucato dal patire
che m’asserena, profondità d’amore.
SALVATORE QUASIMODO
E non ha luce presagio
Nell’abbandono dell’erbe;
e il vento, , il fresco vento non versa
telai di suoni e chiarità di improvvise,
e quando tace anche il cielo è solo.
Dammi vita nascosta
e se non sai me pure occulta
notte aereo mare.
Naufrago: e in ogni sillaba m’intendi
che alla terra scava il suo spiraglio
e nell’ombra s’allarga,
e albero diventa o pietra o sangue
in ansiosa forma d’anima
che in sé muore,
me stesso brucato dal patire
che m’asserena, profondità d’amore.
SALVATORE QUASIMODO
sabato 31 maggio 2008
E‘ venuto giugno a coprire il cielo
Sull’ali del soave profumo della pioggia.
Questo mio vecchio cuore, ancora una volta,
s’è lanciato vibrante di vita,
verso l’addensarsi delle nubi.
E’ venuto giugno a coprire il cielo.
Sopra i vasti campi, sopra la nuova erba,
cade l’ombra del giorno piovoso
“E’ venuto, è venuto!” dice l’animo,
“E’ vento, è venuto!”, dice il canto;
è venuto dentro gli occhi, è venuto dentro il cuore.
E’ venuto giugno a coprire il cielo.
RABINDRANATH TAGORE, TR. P. MARINO RIGON S.X.
Sull’ali del soave profumo della pioggia.
Questo mio vecchio cuore, ancora una volta,
s’è lanciato vibrante di vita,
verso l’addensarsi delle nubi.
E’ venuto giugno a coprire il cielo.
Sopra i vasti campi, sopra la nuova erba,
cade l’ombra del giorno piovoso
“E’ venuto, è venuto!” dice l’animo,
“E’ vento, è venuto!”, dice il canto;
è venuto dentro gli occhi, è venuto dentro il cuore.
E’ venuto giugno a coprire il cielo.
RABINDRANATH TAGORE, TR. P. MARINO RIGON S.X.
venerdì 30 maggio 2008
Divampano simboli arcani
sul muro cieco profondo.
Dorati e rossi papaveri
gravano sopra il mio anno.
Mi riparo negli antri notturni
non rammento i miracoli oscuri
All’alba le azzurre chimere
si specchiano in vividi cieli.
Fuggo negli attimi passati,
chiudo gli occhi dalla paura,
sui fogli d’un libro che gelo −
l’aurea treccia d’una fanciulla.
Su me il firmamento è ormai basso,
nero sonno mi grava nel petto.
La fine predestinata si approssima,
e guerra e incendio mi stanno davanti.
ALEKSANDR BLOK, TR. ANGELO MARIA RIPELLINO
sul muro cieco profondo.
Dorati e rossi papaveri
gravano sopra il mio anno.
Mi riparo negli antri notturni
non rammento i miracoli oscuri
All’alba le azzurre chimere
si specchiano in vividi cieli.
Fuggo negli attimi passati,
chiudo gli occhi dalla paura,
sui fogli d’un libro che gelo −
l’aurea treccia d’una fanciulla.
Su me il firmamento è ormai basso,
nero sonno mi grava nel petto.
La fine predestinata si approssima,
e guerra e incendio mi stanno davanti.
ALEKSANDR BLOK, TR. ANGELO MARIA RIPELLINO
giovedì 29 maggio 2008
mercoledì 28 maggio 2008
Per un momento
è la luce vertiginosa del tempo
di piena, umida ancora come
quando la primavera
porta odori randagi
e grandine.
Ma viene la sera che intorno si sfanno
le rose, l’intonaco è nero, bisbiglia già tutto
di passeri il melo, qua e là sui cipressi scrollate
le bacche, rimangono impresse le braccia del vento.
ALESSANDRO PARRONCHI
è la luce vertiginosa del tempo
di piena, umida ancora come
quando la primavera
porta odori randagi
e grandine.
Ma viene la sera che intorno si sfanno
le rose, l’intonaco è nero, bisbiglia già tutto
di passeri il melo, qua e là sui cipressi scrollate
le bacche, rimangono impresse le braccia del vento.
ALESSANDRO PARRONCHI
martedì 27 maggio 2008
lunedì 26 maggio 2008
domenica 25 maggio 2008
sabato 24 maggio 2008
Il culo, che meraviglia.
È tutto un sorriso, non è mai tragico.
Non gli importa cosa c’è
sul davanti del corpo. Il culo si basta.
Esiste dell’altro? Chissà, forse i seni.
“Mah!” sussurra il culo “quei marmocchi
ne hanno ancora di cose da imparare”.
Il culo sono due lune gemelle
in tondo dondolio. Va da solo
con cadenza elegante, nel miracolo
d’essere due in uno, pienamente.
Il culo si diverte
per conto suo. E ama.
A letto si agita. Montagne
s’innalzano, scendono. Onde che battono
su una spiaggia infinita.
Eccolo che sorride il culo. È felice
nella carezza di essere e ondeggiare.
Sfere armoniose sul caos.
Il culo è il culo,
fuori misura.
CARLOS DRUMMOND DE ANDRADE
È tutto un sorriso, non è mai tragico.
Non gli importa cosa c’è
sul davanti del corpo. Il culo si basta.
Esiste dell’altro? Chissà, forse i seni.
“Mah!” sussurra il culo “quei marmocchi
ne hanno ancora di cose da imparare”.
Il culo sono due lune gemelle
in tondo dondolio. Va da solo
con cadenza elegante, nel miracolo
d’essere due in uno, pienamente.
Il culo si diverte
per conto suo. E ama.
A letto si agita. Montagne
s’innalzano, scendono. Onde che battono
su una spiaggia infinita.
Eccolo che sorride il culo. È felice
nella carezza di essere e ondeggiare.
Sfere armoniose sul caos.
Il culo è il culo,
fuori misura.
CARLOS DRUMMOND DE ANDRADE
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