sabato 29 novembre 2008

ALL'AMATO SE STESSO DEDICA QUESTE RIGHE, L'AUTORE

Le quattro.
Pesanti come un colpo.
“A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio.”
Ma uno
come me
dove potrà cacciarsi?
Dove mi è stata preparata una tana?

Se fossi piccolo,
come il grande oceano,
sulla punta delle onde m’alzerei,
con l’alta marea accarezzando la luna.
Dove trovare un’amata
che sia uguale a me?
Potrebbe trovar posto nel minuscolo cielo?

Oh, se povero fossi,
come un miliardario!
Che cos’è il denaro per l’anima?
È un ladro insaziabile dentro di lei.
All’orda sfrenata dei miei desideri
non basta l’oro di tutte le Californie.

Se balbettare potessi,
come Dante
o Petrarca!
Per una sola accendere l’anima!
Comandarle coi versi di bruciare!

Le parole
e il mio amore
sarebbero un arco di trionfo:
pomposamente,
senza lasciar traccia, vi passerebbero
tutte le amanti dei secoli.

Oh, s’io fossi sommesso,
come il tuono,
gemerei,
abbracciando in un tremito il decrepito eremo terrestre.
Se io
urlerò con la mia voce immensa,
le comete torceranno le braccia fiammeggianti,
e giù si getteranno per la tristezza.

Coi raggi degli occhi rosicchierei le notti,
s’io fossi
offuscato
come il sole!
Che brama provo
d’abbeverare col mio splendore
il seno dimagrito della terra!

Passerò,
trascinando il mio grande amore.
In quale notte
delirante,
inferma,
da quale Golia fui concepito,
così enorme
e così inutile?
VLADIMIR MAJAKOVSKIJ
Nella mia dimora
Una spessa coltre bianca
Ha sepolto il sentiero,
dal momento che nessuno mi visita.
ANONIMO GIAPPONESE, KOKIN WAKA SHŪ, TR. IKIKUO SAGIYAMA
Da tutto questo vi ho fino ad esso
preservato, ho innalzato difese minute
per conservarvi
negli occhi il colore delle piante
la fresca ruga dell’acqua
presentirvi alto gridare
in corsa senza timore

Poco, ma è tutto, l’altro è dentro di voi
è parte della vita che vi inoltrate a scrivere,
non so se lieta o quanto.
RODOLFO DI BIASIO

venerdì 28 novembre 2008

Nella nebbia di quello che tu fosti
dentro cieli improvvisi alta friabile,
contornata di pioggia, unta di lagrime,
risonante di echi, non so come…

Nel chiarore di quel che sei oggi
o equanime, o discosta, non so come
le parole desistano, precipita
il vento della mia vita in un turbine.
MARIO LUZI

giovedì 27 novembre 2008

Nello spazio lunare
pesa il silenzio dei morti
Ai carri eternamente remoti
il cigolio dei lumi
improvvisa perduti e beati
villaggio di sonno.

Come un tepore troveranno l’alba
gli zingari di neve,
come un tepore sotto l’ala i morti.

Così lontano a trasparire il mondo
Ricorda che fu l’erba, una pianura.
ALFONSO GATTO

QUANDO IL SOLE SBAGLIA

quando dietro le nuvole sbaglia il sole
(ma non sarà stato il vento a fargli strada?)
quella luce in attesa
non sperata inattesa
non vorrà dire qualcosa?
Una cosa in attesa?
ma quale? di fatto
a qualcuno vien voglia di vivere
a un altro di morire.
LUCIANO ERBA

martedì 25 novembre 2008

IL POCO D'ACQUA

A questo fiocco
Che sulla mia mano si posa, vorrei
Assicurare l’eterno
Facendo del mio vivere, del mio calore,
Del mio passato, di questi giorni d’oggi,
solo un istante, quest’attimo illimitato.

Ma non è nient’altro
Che un po’ d’acqua a disperdersi
nella bruma dei corpi che vanno nella neve.
YVES BONNEFOY, TR. DAVIDE BRACAGLIA

SERA AUTUNNALE

Il fruscio delle foglie è come pioggia
che cade
Come la neve è candida
la luna
Nel cuore della notte dormo
in solitudine
Chi spazzerà la polvere dal mio
letto?
PO CHÜ-I, TR. VILMA COSTANTINI

lunedì 24 novembre 2008

Nel sospiro che l’erba
tacitamente a sera
esala, pare che esprima
l’uomo dei suoi riposi
l’ansia. Ma come voci
cadono quali ai vivaci
cieli l’ultime roche
rondini, nemmeno gli echi
restano di tante umane
conversazioni, di tanti
risi e di tanti pianti
sotto le cerule piante.
GIORGIO CAPRONI

domenica 23 novembre 2008

La luna vòlta agli anni in cui da un cuore
nuovo traevo più bagliore che da vetri,
nella violenza del silenzio, quasi
silente pel dolore di vedermi
arreso guadagna con cieca lentezza
le vecchie stade.E, ancora qualch vetro
quaggiù ne brucia, e qualche pista
sfregata dal vento di terra nuda
Ma è nel cielo che si ammassa
− perché io son stanco − fosse stanca
e delusa tutta la terra la gran luce;
e solo il cosmo n’è investito, non più
queste nostre contrade, se un riverbero
un misero riflesso ancora ha vita
è per significare che la luna
è vòlta verso dove non c’è vita.
PIER PAOLO PASOLINI
Un nitido fuoco abita in me, e freddamente vedo
La vita violenta illuminare per intero…
Ormai posso amare soltanto nel sonno
I suoi gesti gentili intrisi di luce.

Di notte i miei giorni mi rendono gli sguardi,
Dopo il primo sonno infelice:
quando la stessa sventura è diffusa nel buio,
Tornano a farmi vivere, a darmi gli occhi.

Se la loro gioia erompe, un’eco che mi sveglia
Rende non altro che un morto sulla mia riva di carne,
E ilmiosorriso estraneo sospende il mio orecchio,
come alla vuota conchiglia un murmure di mare,
Il dubbio −sul ciglio di un’estrema meraviglia,
Se sono, se fui, se dormo o son desto.
PAUL VALÉRY, TR. MASSIMO CESCON