sabato 28 giugno 2008

La mia attesa è tutta in questa agonia
di tempo non consumato.
Fragili stille di rugiada,
stralci di cielo mari e abissi.
Tutto nel fiato di un attimo,
in un desiderio d’attesa.
RODOLFO DIBIASIO

venerdì 27 giugno 2008

Ritmi nudi
dove registro il silenzio degli occhi,
dove rievoco l’origine
le ore prigioniere
e cielo teso ritrovo del desiderio,
lo scenario dei giorni,
la radice e il destino,
il sentimento che lacera l’esistere.

Trascino la voce tra le labbra.

Piove la notte
Un’elemosina di parole ardenti.

Mi chiedo chi sono.
CARLES DUARTE, TR. GIUSEPPE SANSONI

giovedì 26 giugno 2008

…e d’un tratto ti scopri a guardare
le cose, gli alberi, le persone
che ti sono accanto con angoscia
come di là da un vetro. Attonito.

Forse riflesso di altri alberi, altre
case, altra gente.
Brusìo d’un altrove
che tu non puoi intendere.
Qui,
vicino o laggiù, non sai;

o di un altro esistere ma più acuto,

più nitido.
GIORGIO DEVOTO

mercoledì 25 giugno 2008

Dorati uccelli dall’acuta voce, liberi
per il bosco solitario in cima ai rami di pino
confusamente si lamentano; e chi comincia,
chi indugia, chi lancia il suo richiamo verso i monti:
e l’eco che non tace, amica dei deserti, lo ripete dal fondo delle valli.
ANONIMO GRECO

martedì 24 giugno 2008

SABATO SANTO, 25

DI PASSAGGIO NELLA MIA INSONNIA di ieri
mi sorrise appena, per un attimo
la piccola dea dal nastro azzurro
che fin da bambino svelava i miei segreti

Poi scomparve veleggiando a destra
per andare a gettare le mie scorie
− cicche e poveri versi −
là dove ancora arde colmo di vita
giovinezza e fiero l’alto mare.
ODISSEAS ELITIS, TR. PAOLA MARIA MINUCCI

lunedì 23 giugno 2008

L'ARIA

Questo che passa e che si ferma,
questo è l’Aria, questo è l’Aria,
e senza che tu le veda la bocca
ti prende e bacia, madre affettuosa.
Ah, senza romperla noi la rompiamo,
ferita vola senza lamento,
e sembra che tutti prenda
e tutti lasci, come brami, l’Aria…
GABRIELA MISTRAL, TR. PIERO RAIMONDI

domenica 22 giugno 2008

Verso la luna che da poco è sorta
e riannoda le tue selve raminghe
ora più vaghe
e sporgono i tuoi tetti dall’orto,
a la finestra guarda l’odoroso
meandro dove anche è il canto fioco
dell’assiolo fuggito in altri boschi.
Nella penombra pesano le bacche
di mirto, un raggio le calpesta dove
le togliemmo stasera, un passo infrange
l’acqua colta nei forati e rifiorita.
E vive più del tuo sogno adorato
in questa folta tenebra la notte,
e nel freddo dei rami
e sull’argento dove spira il cupo
fiumicello del vento
più che fra le pie mura reclinati
visi delle fanciulle inconsapevoli.
ALESSANDRO PARRONCHI