Il giorno che ti spensero gli occhi
e domandammo pane akllo straniero
e tu guardasti verso nulla,
il pugno stretto nelle mani,
il giorno che nrancolò nel buio
l'ultimo infermo
fino al tuo cuore
con l'anello che fu per sempre mio,
il giorno che mi dicesti
ecco l'anello che fa vivere i morti
e venni morto al tuo giaciglio.
ANDREA CARIFI
sabato 19 dicembre 2009
PER R.B.
Il sottile diletto che genera il pensiero; il forte
sprone, vivo e trafiggente come fiamma di cannello,
soffia una volta e, più presto spento che acceso,
pur lascia la mente madre di canto immortale.
Nove mesi dunque, no, anni, nove anni tanto
lo porta dentro sé, protegge e pettina:
vedova d'un intuito perduto essa vive, col fine
ora noto e la mano all'opera ora senz'errore.
Dolce fuoco sovrano della musa, questo occorre
[alla mia anima;
manco dell'estasi unica dell'ispirazione.
O dunque se nelle mie tarde rime tu perdi
il rullio, il volo, il canto, la creazione,
il mio mondo d'inverno, che appena respira quella gioia
ora, a te cede, con un sospiro, la nostra spiegazione.
GERARD MANLEY HOPKINS, TR. VIOLA PAPETTI
sprone, vivo e trafiggente come fiamma di cannello,
soffia una volta e, più presto spento che acceso,
pur lascia la mente madre di canto immortale.
Nove mesi dunque, no, anni, nove anni tanto
lo porta dentro sé, protegge e pettina:
vedova d'un intuito perduto essa vive, col fine
ora noto e la mano all'opera ora senz'errore.
Dolce fuoco sovrano della musa, questo occorre
[alla mia anima;
manco dell'estasi unica dell'ispirazione.
O dunque se nelle mie tarde rime tu perdi
il rullio, il volo, il canto, la creazione,
il mio mondo d'inverno, che appena respira quella gioia
ora, a te cede, con un sospiro, la nostra spiegazione.
GERARD MANLEY HOPKINS, TR. VIOLA PAPETTI
giovedì 17 dicembre 2009
IL GIARDINO
Nevica.
Apre infine al giardino
Di più che il mondo.
Avanzo. Ma s'impiglia
La scarpa a un ferro
Arrugginita, e si lacera
In me la stoffa del sogna.
YVES BONNEFOY, TR. DAVIDE BRACAGLIA
Apre infine al giardino
Di più che il mondo.
Avanzo. Ma s'impiglia
La scarpa a un ferro
Arrugginita, e si lacera
In me la stoffa del sogna.
YVES BONNEFOY, TR. DAVIDE BRACAGLIA
mercoledì 16 dicembre 2009
Ha sete di cielo l'anima mia
lontano in altri campi,
sete del fuoco verde
che fiorisce sugòi alberi.
Come ceri davanti all'universo
salgono i rami dei tronchi d'oro,
e sopra le foglie tenere
puntano le stelle dlle parole.
Io conosco il verbo della terra,
ma non scioglierò da me questo tormento:
sono la valle che ha disperso nei fiumi
la cometa apparsa all'improvviso.
Così i cavalli agitano la coda
non scuoteranno la luna dalle loro schiene.
Oh, se come queste foglie
si potesse dimenticare.
SERGEI ESENIN, TR. CURZIA FERRARI
lontano in altri campi,
sete del fuoco verde
che fiorisce sugòi alberi.
Come ceri davanti all'universo
salgono i rami dei tronchi d'oro,
e sopra le foglie tenere
puntano le stelle dlle parole.
Io conosco il verbo della terra,
ma non scioglierò da me questo tormento:
sono la valle che ha disperso nei fiumi
la cometa apparsa all'improvviso.
Così i cavalli agitano la coda
non scuoteranno la luna dalle loro schiene.
Oh, se come queste foglie
si potesse dimenticare.
SERGEI ESENIN, TR. CURZIA FERRARI
martedì 15 dicembre 2009
GRIDI E CRISTALLI
Dalle dune giungono dei gridi
una qualsiasi interiorità
cerca pienezza di forma
Una perla strappata
a una conchiglia smarrita
o un sorriso perso sugli scogli
da un innamorato?
Chi può sciogliere l'enigma della voce?
Dove trova ciò che grida
psazi a curvare forme più grandi?
Vieni - oggi le dune sono
vibranti e trasparenti:
una costa di gridi e cristalli.
ROSE AUSLANDER, TR. GIO BATTA BUCCIOL
una qualsiasi interiorità
cerca pienezza di forma
Una perla strappata
a una conchiglia smarrita
o un sorriso perso sugli scogli
da un innamorato?
Chi può sciogliere l'enigma della voce?
Dove trova ciò che grida
psazi a curvare forme più grandi?
Vieni - oggi le dune sono
vibranti e trasparenti:
una costa di gridi e cristalli.
ROSE AUSLANDER, TR. GIO BATTA BUCCIOL
lunedì 14 dicembre 2009
TRISTEZZA
Ho corso come un cervo: nei miei occhi
mite tristezza alberga.
Mi davano la caccia, nel mio cuore
lupi famelici e rabbiosi.
Già da tempo ho perduto le mie corna:
infrante pendono da un ramo.
In passato ero un cervo: me ne pento,
ma in avvenire sarò un lupo.
Sarò un grazioso llupo. Ecco mi fero
d'un tratto, i miei compagni
di branco son di schiuma ricoperti;
io cerco di sorridere.
Ed ascolto la voce delle cerve.
Piano socchiudo gli occhi
per il sonno. Mi cadono, sul dorso
scure foglie di gelso.
ATTILA JOZSEF, TR. UMBERTO ALBINI
mite tristezza alberga.
Mi davano la caccia, nel mio cuore
lupi famelici e rabbiosi.
Già da tempo ho perduto le mie corna:
infrante pendono da un ramo.
In passato ero un cervo: me ne pento,
ma in avvenire sarò un lupo.
Sarò un grazioso llupo. Ecco mi fero
d'un tratto, i miei compagni
di branco son di schiuma ricoperti;
io cerco di sorridere.
Ed ascolto la voce delle cerve.
Piano socchiudo gli occhi
per il sonno. Mi cadono, sul dorso
scure foglie di gelso.
ATTILA JOZSEF, TR. UMBERTO ALBINI
domenica 13 dicembre 2009
Non ha strappato le ali alle mosche quand'era piccolo
non ha legato i barattoli alla coda dei gatti
né imprigionato gli scarafaggi
nelle scatole di fiammiferi
non ha distrutto le casae
delle formiche.
E' diventato rande.
E vedete il male che gli hanno fatto.
Quando è morto, ero al suo capezzale
e mi ha detto: leggimi una poesia
che canti il sole e il mare
le officine atomiche la luna artificiale
che canti la grandezza dell'uomo.
NAZIM HIKMET, TR. JOYCE LUSSU
non ha legato i barattoli alla coda dei gatti
né imprigionato gli scarafaggi
nelle scatole di fiammiferi
non ha distrutto le casae
delle formiche.
E' diventato rande.
E vedete il male che gli hanno fatto.
Quando è morto, ero al suo capezzale
e mi ha detto: leggimi una poesia
che canti il sole e il mare
le officine atomiche la luna artificiale
che canti la grandezza dell'uomo.
NAZIM HIKMET, TR. JOYCE LUSSU
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