Notte, macchinatrice di raggiri,
pazza, immaginativa, chimerista,
vile ruffiana, lince senza vista,
intimorita dai tuoi stessi echi:
ti si addossino mali, ombre, paure,
molesta, visionaria, inferma, fredda,
mano assassina e piede fuggitivo.
Che vegli o dorma, mezza vita è tua:
se veglio, ti do il giorno in indennizzo,
e se dormo, non sento quel che vivo.
LOPE DE VEGA
sabato 19 luglio 2008
venerdì 18 luglio 2008
Ancora non mi palpita una fede:
per questo mi viene la luce
e non me lo sento il mattino
e so il mio giorno rapito
in un vortice inane
Se fossi zolla!
M’avrebbe rimosso la vanga,
darei erbe e frutti
a questa stagione che sorvola.
E sono sorgente seccata
che mi scansano le greggi
ora che domina luglio.
ROCCO SCOTELLARO
per questo mi viene la luce
e non me lo sento il mattino
e so il mio giorno rapito
in un vortice inane
Se fossi zolla!
M’avrebbe rimosso la vanga,
darei erbe e frutti
a questa stagione che sorvola.
E sono sorgente seccata
che mi scansano le greggi
ora che domina luglio.
ROCCO SCOTELLARO
giovedì 17 luglio 2008
17 LUGLIO
Come un bimbo che stanco
Di studio, pitta sogni
a caso, senza voglia
attediato il pensiero
vaga da uccello muto
a nube senza luce
da eco di stanza vuota
a fiore senza amore…
− Che fumi hanno inventato
la parola deserto?
La terra, il cielo e io
solo.
Stanchezza. Tedio.
JUAN RAMÓN JIMÉNEZ, TR. FRANCESCO TENTORI MONTALTO
Di studio, pitta sogni
a caso, senza voglia
attediato il pensiero
vaga da uccello muto
a nube senza luce
da eco di stanza vuota
a fiore senza amore…
− Che fumi hanno inventato
la parola deserto?
La terra, il cielo e io
solo.
Stanchezza. Tedio.
JUAN RAMÓN JIMÉNEZ, TR. FRANCESCO TENTORI MONTALTO
mercoledì 16 luglio 2008
APOTEOSI
Gli alberi spazzati veleggiano in un mare d’Oro,
dormendo fuoco, incerto, lontanamente…
Tutto mi si è livellato in un sogno radente
e solo in metà di me oggi dimoro…
Sono di bronzo le tristezze che ancor piangon
Pilastri morti, marmi al Tramonto…
Le mie ansie si sono lastricate biancamente
lungo chiostri falsi dove mai vado a pregare…
Da me sono disceso. Ho piegato il mio manto d’Astro,
ho rotto la coppa di cristallo e stupore,
e tagliato in ombra l’Oro della mia orma…
Sono cessato…Ore-platino…Aroma broccato…
Chiardiluna-ansia …Luce-perdono…Orchidee-pianto…
………………………………………………..
- oh paludi di Me stesso- giardino stagnante…
MÁRIO DE SÂ CARNEIRO, TR. MARIA JOSE' DE LANCASTER
dormendo fuoco, incerto, lontanamente…
Tutto mi si è livellato in un sogno radente
e solo in metà di me oggi dimoro…
Sono di bronzo le tristezze che ancor piangon
Pilastri morti, marmi al Tramonto…
Le mie ansie si sono lastricate biancamente
lungo chiostri falsi dove mai vado a pregare…
Da me sono disceso. Ho piegato il mio manto d’Astro,
ho rotto la coppa di cristallo e stupore,
e tagliato in ombra l’Oro della mia orma…
Sono cessato…Ore-platino…Aroma broccato…
Chiardiluna-ansia …Luce-perdono…Orchidee-pianto…
………………………………………………..
- oh paludi di Me stesso- giardino stagnante…
MÁRIO DE SÂ CARNEIRO, TR. MARIA JOSE' DE LANCASTER
martedì 15 luglio 2008
Dice di aver saputo
che quello dell’alba
è un caso muto
Che il gallo canta
Arrogante ma da distante
E ottuso
Come un parente deluso.
Nessuno crede alla venuta dell’alba.
Tutti emergono in quella scialba
certezza di sé:
e solo gli uccelli si fanno domande
sulla bontà e che si salva
per i campi intorno.
L’aurora transita innocente
Cieca nei grandi occhi celesti
E va a cadere e annega
Nei pesti
Laghi notturni.
PAOLO VOLPONI
che quello dell’alba
è un caso muto
Che il gallo canta
Arrogante ma da distante
E ottuso
Come un parente deluso.
Nessuno crede alla venuta dell’alba.
Tutti emergono in quella scialba
certezza di sé:
e solo gli uccelli si fanno domande
sulla bontà e che si salva
per i campi intorno.
L’aurora transita innocente
Cieca nei grandi occhi celesti
E va a cadere e annega
Nei pesti
Laghi notturni.
PAOLO VOLPONI
lunedì 14 luglio 2008
La notte è buia, profondo è il tuo sonno
nel silenzio del mio essere.
Sveglia, Pena d’Amore, perché non so
aprire la porta e resterò fuori.
Le ore scorrono lente, vegliano le stelle,
il vento tace, il silenzio è pesante nel mio cuore.
Svegliati, Amore, svegliati!
Rompi la mia coppa vuota, agita la notte
con il soffio di un canto.
RABINDRANATH TAGORE, TR. BRUNILDE NERONI
nel silenzio del mio essere.
Sveglia, Pena d’Amore, perché non so
aprire la porta e resterò fuori.
Le ore scorrono lente, vegliano le stelle,
il vento tace, il silenzio è pesante nel mio cuore.
Svegliati, Amore, svegliati!
Rompi la mia coppa vuota, agita la notte
con il soffio di un canto.
RABINDRANATH TAGORE, TR. BRUNILDE NERONI
IL GAMBERO STORICO
Fiore della morte la nostra indifferenza.
Ci ritiriamo dal mondo con la perseveranza del gambero.
Lasciamo lui,
solo dalla sua parte stia la ragione,
ci seppellisca lui nel silenzio della sera,
gioisca lui del nostro odore
quando aprono per lui i calamai
e si inchiodano le nostre parole, fiore della morte.
MARIANA MARIN, TR. MARCO CUGNO
Ci ritiriamo dal mondo con la perseveranza del gambero.
Lasciamo lui,
solo dalla sua parte stia la ragione,
ci seppellisca lui nel silenzio della sera,
gioisca lui del nostro odore
quando aprono per lui i calamai
e si inchiodano le nostre parole, fiore della morte.
MARIANA MARIN, TR. MARCO CUGNO
domenica 13 luglio 2008
ULTIMA SOLITUDINE
Resterò come un sogno tra la solitudine e i giardini,
muto come il fiore,
puro come la dolce pupilla della luce.
Chiameranno i miei nomi i bimbi, nella sera.
Quanti anni avrà allora la luce, il canto?
Più non saprò il linguaggio del mio sangue.
Oh, che Adone senza lingua,
che cammina tra il silenzio della sera e l’aria
[della terra!
Un dolce e chiaro pianto, un fine pianto
come spada di pioggia,
uscirà da me nella stella che si chinerà sul mio petto.
Frutto e sapore d’ombra cadranno sulla mia bocca
Ingrandirà l’oblio sulla mia schiena nuda.
Cercherò nuova luce per illuminare la mia fronte.
Dio, sereno, starà costruendo i suoi astri…
mentre la solitudine mi allatta al suo seno.
LUIS HERNÁNDEZ AQUINO, TR. GIUSEPPE BELLINI
muto come il fiore,
puro come la dolce pupilla della luce.
Chiameranno i miei nomi i bimbi, nella sera.
Quanti anni avrà allora la luce, il canto?
Più non saprò il linguaggio del mio sangue.
Oh, che Adone senza lingua,
che cammina tra il silenzio della sera e l’aria
[della terra!
Un dolce e chiaro pianto, un fine pianto
come spada di pioggia,
uscirà da me nella stella che si chinerà sul mio petto.
Frutto e sapore d’ombra cadranno sulla mia bocca
Ingrandirà l’oblio sulla mia schiena nuda.
Cercherò nuova luce per illuminare la mia fronte.
Dio, sereno, starà costruendo i suoi astri…
mentre la solitudine mi allatta al suo seno.
LUIS HERNÁNDEZ AQUINO, TR. GIUSEPPE BELLINI
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