Posano l’erbe docili, la mia pianura amata,
l’assenzio, in un sonno di piombo.
Nessun altro paese verrà mai nel mio petto
nostalgia così dolce.
Certo questa è la sorte di noi tutti.
Domandate a chiunque:
vi diranno − sia gioia, bufera o sofferenza
si vive bene nella nostra Russia. −
Misteriosa discende la luna
sul pianto dei salici, sul linguaggio lieve dei pioppi:
non si può rinnegare la terra dei padri
assorta al gridon triste delle gru.
Ed ecco, improvvisa come la luce del giorno,
ritrovo la mia strada:
sono sempre lo stesso, io resto poeta delle isbe,
l’amico delle rondini d’oro.
A tarda notte, stretto al mio cuscino
vedo − nemico terribile −
una giovinezza diversa squillare
sopra i campi, sulle radure:
e magari abbia spine nel segreto
del cuore, ripeto di continuo:
“Lasciatemi qui, carissimi: lasciatemi morire
poco a poco nella mia patria adorata!”.
SERGEJ ALEKSANDROVIČ ESENIN, TR. CURZIO FERRARI
lunedì 19 maggio 2008
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