martedì 4 marzo 2008

IO CANTO LA PIOGGIA, LA TERRA, IL VERME

tutta la pioggia che cade mi è gradita
per essa e per quella che è caduta su di me
negli anni senza tutto, senza vista, senza olfatto.
Qui, la bevo mescolata ai residui
che il vento porta dal fondo del frutteto,
rametti, foglie e fiori perduti.
L’aroma del fior d’arancio ha profumato
quest’acqua per l’abluzione dei piedi
di un poeta che prima era stato nomade.
Poi, perché non devo vestirmi on la tunca
della pioggia, che mi avvolga come allora,
o un corpo umano vivo e naturale?
Dormire dove questo fango dolce e in sonoro
Caldamente mio veste e mi seppellisca?

Verme, che costruisci l’altare della pioggia
con i tuoi piccoli ponticelli e buchi
e sotto la corteccia del vecchio noce
hai nascosto la tua vita, come offerta
che sarà raccolta dalle mani
di un bimbo che ami i doni naturali;
verme che sai che un tempo
io sono stata muta, non generata, e assente,
mostrami ciò che più sai della pioggia,
come sei sinuoso in essa, vivente,
e io che devo fare nella pura terra
con te fianco a fianco, o laborioso?
FIAMA HASSE PAIS BRANDÃO, TR. GIAMPAOLO TONINI

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