domenica 8 febbraio 2009

PRIMA ECGLOGA

Quippe ubi fas versum atque nefas: tot bella
per urbem, tam multae scelerum facies…
Vergilius
Pastore:
E’ tanto tempo che non ti ho visto da queste
parti, ti ha tirato fuori all’aperto la voce
del rigogolo, finalmente?

Poeta:
Sto ascoltando, è così pieno di rumori il
Bosco, la primavera è ormai qui.

Pastore:
Questa non è ancora primavera, guarda il
cielo, guarda la pozzanghera:
adesso sorride teneramente ma, se la notte
il gelo lega il suo specchio
sogghigna - perché questo è aprile, non
credere mai al pazzo aprile -
si sono già gelati i piccoli tulipani.
Perché sei così triste? Non vuoi sederti qui,
sulla pietra?

Poeta:
Non sono neppure triste, mi sono
Abituato a questo terribile mondo,
tanto che qualche volta non mi fa neanche
male - mi nausea, soltanto,

Pastore:
Sento che - è vero? - sulle cime dei selvaggi
Pirenei, roventi
cannoni disputano tra i cadaveri congelati
nel loro sangue,
e gli orsi e i soldati fuggono insieme;
un esercito di donne, di bambini, di vecchi
coi fagotti legati corrono
e si gettano a terra quando su loro comincia
a volteggiare la morte e
tanti sono i morti che giacciono laggiù che
non c’è chi li porti via.
Tu conosci Federico, mi pare: dimmi, è
Fuggito?

Poeta:
Non è fuggito. Sono già due anni che lo
Hanno ucciso a Granada.

Pastore:
Garcia Lorca è morto? Nessuno ancora me
lo aveva detto, qui.
Le notizie della guerra corrono così veloci,
e così, in silenzio,
il poeta sparisce. Ma non si è vestita a lutto
per lui, l’Europa?

Poeta:
Non se ne sono neppure accorti. E’ già tanto
Se il vento, frugando fra le braci,
trova frammenti di versi nel rogo, e lo ricorda.
Tanto ne rimarrà per i curiosi eredi della
Sua opera.

Pastore:
Non è fuggito… E’ morto. E’ vero: dove
Potrebbe fuggire un poeta?
Non è fuggito neppure il caro Attila, ha solo
fatto cenno di NO
ostinato contro questo ordine, ma dimmi,
chi piange il suo annientamento?
E tu, come vivi? Avranno un’eco le tue parole
In questa epoca?

Poeta:
Tra il rombo dei cannoni? Tra le rovine
Bruciate, i villaggi abbandonati?
Ma io scrivo lo stesso, e vivo, in mezzo a
questo pazzo mondo, come
quella vecchia quercia vive laggiù; sa che la
taglieranno e sul suo corpo biancheggia,
inciso, un segno di croce per ricordare che
domani in quel punto l’estirperà
il boscaiolo - e aspetta, e intanto fa
germogliare una nuova foglia.
E buon per te che qui hai questa quiete, e
Raro è il lupo da queste parti,
spesso così dimentichi persino che è di un
altro il gregge che sorvegli
sono mesi che il padrone non viene qui a
vederti.
Il cielo ti benedica, scenderà su di me la
vecchia sera, prima che arrivi a casa:
già svola una farfalla del crepuscolo e
proietta l’argento delle sue ali…
MIKÓS RADNÓTI, TR. IT. MARINKA DALLOS E GIANNI TOTI

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