domenica 27 marzo 2011

IL CANTO DELLE NUVOLE AMARE

Pace a te esiliato in una morte senza rive.
Lascia che rovisti nella tomba non ancora asciutta
per mostrare l'abito nero
e la camicia bianca
e del pugnale lo squarcio insanguinato.
Lasciami riesumare i tratti della storia
perché non muoiano nell'oblio i dettagli
La tua casa conficcata tra le fatiche degli amici
angolo che appare e tavola bruna
la tua strada di occhi armata
e di alberi puntati
i testimoni sedotti da voci e sogni
e tu... e quelli in agguatoùtu e la morte anch'essa sottratta
tu e la terra, frutti maturi nella cesta dei tiranni.
Eppure resta incompiuta l'immagine
lacerata, non smuove
non è nella sete dei villaggi
non si propaga, non viaggia
resta ferma sul tuo sangue.
Vana l'immagine
inutile la metafora
senza ali questo assassinio
questo sangue non diventa
oasi e palmo di deserto
erba o calamaio.

E vana più ancora
si affievolisce
nella retorica delle elegie
nei messaggi di condanna
nelle voci che si ricorrono
nelle mani che afferrano
parole in rima inutile
che i bambini portano nei cespugli
trappola per canzoni.

Morte senza riva
nulla annuncia l'ora della sepoltura
nessuno si degna
di esaminare le impronte degli assassini.
Tu puoi vagare solo
nei tratti dei nostri volti.

Passerà questo canto come nuvola amara
sulla nostra mortificazione
a disegnare intorno a un centro
un cerchio per lacrime che mai verranno
per accendere nella nostra poesia
promesse per sottrarti alla morte della terra.
Passerà questo canto come nuvola amara
a sollevare lo sguardo basso dei poveri
a riordinare le fila dei cortei
a ricostruire vincoli spezzati
dai piccoli calcoli
e dall'attesa dei miracoli.

Potessi passare un momento
a vedere sulle nostre strade le ombre crescere
come cresce il dubbio in questo labirinto
e come escono dalle voragini del nostro silenzio
gli abiti da lutto
e i rami delle elegie
ombrosi come palme
e noi, intanto, spettatori da altre morti senza rive.
Potessi passare un momento
a vedere l'estensione del mare
che gli specchisottraggono
e la luce celata in giardini di fantasmi
là dove la terra gira senza sole
e senza luna
là dove il mattino muore stanco
e giacciono fra brandelli di scialli e bicchieri
sbrigativi manifestini
e discorsi sbiaditi
sulla nostra situazione araba.
Non arrabbiarti
non hanno altro che questo spazio assetato
non hanno altro cbhe la notte, non più nostra.
Vieni, passa un momento
ti convinceranno gli strilli
e le parole levigate
che la rivoluzione più bella
è questa che si dimentica in fretta
e apre alle poltrone e alle banche la strada di rosa.
Non arrabbiarti
questa è una lingua per ammazzare il tem,po!
Il tempo è passato in fretta
e intanto tu sei qui
composto su letto con le nostre lettere
in profondità nella perfezione dei vocaboli
a scuotere sulle nostre teste l'albero del dubbio
a cavalcare la pietra delle lunghe distanze.
Tu, sparso, non sentivi il nostro battere violento?
Non esci dal tuo sudario?
E' aperta la porta d'argento per farti sentire gli spari a Beirut
e i discorsi sulle tribune della disperazione
e i nomi nascere da turbanti o da stragi
e i fucili sfoggiati per vanto
e gli omicidi orditi fra i banchetti.
Tu, sparso, non senti
la nostra voce scolpita dalla noia negli epigrammi
e dal nitrire in mezzo alla strada dei cavalli
trascinati dai morti
che non portano più gloria oltre il canto innevato dell'Atlante.

Pace a te esiliato in unamorte senza rive
Lascia che per tuo mezzo
colmiamo questo vuoto
per farne patria per sogni di uccelli erranti e campo di
fuggiaschi
patria che combatte la disperazione con costole come luce
distribuisce fiumi e alberi sul tavolo dell'oblio
per accorciare tra il petto e il sangue versato la distanza
promessa a quel giorno
che rimanga infiammato nello spazio
e alla tua voce lesa
che rimanga canto alle nuvole.

MUHAMMAD AL-ASH'ARI, TR. WASIM DAHMASH

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